C’ero anch’io

C’ero anch’io

Quando arrivo a Palazzo Sanseverino-Falcone il caffè letterario è già gremito. Poco male, avevo promesso comunque di esserci. Per acquistare il libro c’è da fare un po' di fila. Mi metto in coda e allungo lo sguardo, temo siano rimaste   poche copie. Faccio appena in tempo ad acquistare una delle ultime copie e poi l’incontro ha inizio.

  “Le nuvole non hanno forma”, il libro del dott. Angelo Bianco è disponibile da poco più di una settimana, ma ha già molte copie prenotate. L’autore, molto attivo sui social, ha un seguito di amici che apprezzano molto i suoi scritti.

 “Sono stati proprio loro a spingermi a scrivere un libro, ma io non sono uno scrittore”, puntualizza. Probabilmente è vero, non è uno scrittore nel senso più classico del termine. Tuttavia, la capacità di scrivere è notevole. Angelo Bianco racconta l’amore e il dolore, così come la sofferenza e la gioia, in punta di piedi (e di penna). Si muove in questi delicati ambiti con la stessa passione e delicatezza con la quale un’ape si muove tra i fiori più belli e profumati, e quelli meno appariscenti e colorati traendone comunque il meglio. La scrittura è così fluida che a volte si ha la sensazione che le parole siano già scritte nell’inchiostro e si limitano a sgorgare dalla penna. D’altra parte Michelangelo sosteneva che le figure che lui scolpiva erano già nel marmo, si trattava solo di tirarle fuori. Il paragone è certamente ardito, ma sicuramente utile alla comprensione. Gli argomenti toccati durante l’incontro sono stati molti. Fra questi l'attaccamento alle origini. Il dott. Bianco si è soffermato sul fatto di essere rimasto sempre un acrese D.O.C. (acritano dice lui) anche se da moltissimi anni vive al Nord.

“Quello che mi manca è il senso d'appartenenza …se potessi tornare ad Acri lo farei domani mattina. Acri e Carrara hanno molte similitudini", sostiene.

“Fuori Acri si sta meglio, è un’affermazione che non condivido”.

 L’argomento è controverso, in un altro contesto probabilmente avrebbe avuto necessità di maggiore spazio, e forse “ospitato” più punti di vista.

Peccato che Il rapporto dell’uomo di scienza con la religione sia stato solo sfiorato attraverso l’accenno ad un episodio accaduto in una chiesa. E’ rimasto in sospeso perché ha coinciso con la lettura molto toccante di un racconto della vita personale e intima dell’autore. Comunque, non mi sono perso d’animo e al termine dell’incontro sono andato a chiederlo direttamente ad Angelo Bianco. La risposta è stata inevitabilmente essenziale, solo due parole (proprio due) prima di doversi concedere a foto e dediche. Mi sarebbe piaciuto approfondire, il tema è intrigante. Magari succederà in qualche altra occasione.
Franco Bifano