L’OLIO D’OLIVA PREFERITO ALLA SETA SECONDO LE POLITICHE DEL XVIII SECOLO

L’OLIO D’OLIVA PREFERITO ALLA SETA SECONDO LE POLITICHE DEL XVIII SECOLO

NAPOLI - La Calabria, nel settecento, era considerata il sud depresso, del Regno di Napoli, rivedendo scientemente gli aspetti, sociali ed economici odierni, si può sintetizzare nel presente come l’Italia intera, rapporta all'Europa unita del nord. Le difficoltà del mercato e il progressivo indebitamento, per opera del fisco, nel settecento, rese i poli produttivi  labili, i quali constatato la crisi della seta di Calabria, l’eccellenza di quel tempo, non ebbero sufficiente istinto imprenditoriale per introdurre tecnologie in grado di rinnovare l’antica filiera seticola e della filatura in generale. La crisi strutturale specie della seta calabrese divenne irreversibile, mentre i possessori di piccoli giardini con gelsi proseguirono la produzione asettica che non poteva rispondere adeguatamente alla richiesta di un mercato in piena espansione. Ormai, l’antichissima produzione della seta di Calabria era scomparsa per sempre. L'impianto olivicolo fu avviato, senza grandi investimenti, per cui mancarono, da subito la raccolta razionale delle olive dall’albe­ro, differenziandoli con quelle raccolte a terra, oltre mancava o era completamente assente l'indispensabile sistematica potatura, queste, tutte attività che avrebbero preteso abbondanza di manodopera, allungamento dei tempi di produzione e capitali più cospicui da investire nella nuova attività. I proprietari del tempo, non fecero altro che sostituire il gelso, e impiantare l'oliveto dovunque era possibile. La conseguenza fu l’enorme accrescimento della produzione globale dell'olio nella Calabria, destinata a superare spesso, l'antica produzione puglie­se, con uno smercio che favoriva le attività di taluni porti tirrenici, i quali non erano mai stati al centro di tale vivacità. Tuttavia va rilevato che la qualità dell'olio calabrese non riuscì a diventare pari alla quantità di produzione, nonostante fosse diventato un vero fiume che andava a sostenere, la produttività, dei saponi francesi e per ironia della sorte come lubrificante delle macchine dell'industria inglese, proprio in campo tessile. Così, le macchine inglesi per produrre tessuti marciavano grazie all'olio di quella Calabria che, per produrre quell'olio, aveva rinunciato alla seta e alla tessitura in senso generale. La conferma che la Calabria fosse diventata il fornitore ufficiale, sin dai suoi primi passi dell’industria inglese, lo riscontra ancora oggi nella misurazione del litro tipico dei frantoi, infatti, l’unità di misura ”il litro oleario” corrisponde a quattro “pinte britanniche” ovvero poco più di 2 litri dell’attuale misura commerciale. Abbandonata i gelsi e la sericol­tura per la scarsissima irrorazione di capitali e di lavoro specializzato, fece si che l’olivicolture divenne ben presto la risorsa economica che impegnava più famiglie e più nuclei produttivi, mantenuto comunque un livello assai basso rispetto a come era stato per la seta. La Calabria, non ha storicamente un’esatta localizzazione sul territorio regionale di esemplari particolarmente estensivi, di uliveti, in quanto, da millenni è presente l’oleaster (in arbereshe liosterà) una sorta di cespuglio spontaneo di olivo, ancora diffusamente presente in molte zone e da cui si estraeva un rudimentale olio. La piantumazione e la cura della pianta, si deve sicuramente attribuire ai monaci Basiliani, che affinarono questa attività, ed e grazie al monachesimo latino, benedettino, cistercense, certosino, florense, e, infine francescano, che questa attività ha avuto una tradizione che oggi caratterizza con eccellenze il territorio. L’olivo è segnalato nel Cosentino e sulle coste del reggino dall'epoca sveva; si hanno testimonianze, per il territorio di Bisignano e Luzzi nella valle del Crati già dal XIII secolo. Lo testimoniano, le entrate dei feudi cosentini dei Principi di Bisignano tra il 1578 e il 1580, che segna l’inizio della maggiore diffusione della coltura dell’olivo nella provincia e nella regione, causa l’esenzione di tasse,  cui godrà la l’attività fino ai primi decenni del Seicento. In questo periodo nella Calabria citeriore ebbero un ruolo fondamentale, i profughi arbanon, questi per la loro grande esperienza nel rassodare e porre a dimora ogni genere di coltura da un lato si resero protagonisti nel mantenere i gelseti ancora produttivi e dall'altra rassodare e riconoscere quali fossero i terreni più idonei per vite, ulivo e cereali.

Gli arbëreshë dopo aver rassodato il terreno lo osservavano, lo tastavano, misuravano con le mani la consistenza e poi lo odoravano e ne sentivano il sapore masticandolo. Una consuetudine antichissima che usava sia per le attività agricole ma anche per quelle d’insediamento per la realizzazione delle “dimore sia in forma estrattiva sia in quella compositiva”. Oggi l’olivicoltura è presente su buona parte del territorio della provincia citteriore, escluse le superfici occupate dalla catena appenninica e dall’altopiano della Sila ad altitudini in media superiori ai 600 m. Resta un dato fondamentale, ovvero, per non aver difeso le attività che rendevano la Calabria l’eccellenza nella produzione della gelsi-sericol­tura, non aver intuito dare forza economica finalizzata a rinnovare la filiera di questa eccellenza, si è finiti per oliare gli ingranaggi delle industri britannica che aveva sottratto il primato. Oggi che la seta proviene da altre latitudini, rimane l’olio, che a differenza di quelle epoche si raccoglie dall'albero e si estrae a freddo.La particolare metodica sommata alle caratteristiche territoriali e climatiche della provincia citeriore e in particolare la media valle del Crati; culla naturale mediterranea, la stessa che consente di caratterizzare gli elementi tipici della “nota dieta mediterranea” riconosciuto diffusamente nel trittico alimentare: ulivo, vite e cereali. Un equilibrio unico tra ambiente naturale e produttivo, che consente al territorio di auto rigenerarsi, mantenendo le produzioni in equilibrio perpetuo tra di loro. Sicuramente la perdita del primato della seta è stata un pessimo affare, per la classe dirigente del settecento, ma l’equilibrio naturale che nel contempo gli operosi calabresi e le minoranze storiche sono riuscite a porre in essere sono irripetibili. Oggi la produzione dell’olio ha raggiunto eccellenze che nessuno avrebbe mai immaginato, considerando che si è iniziato con il fornire olio per sapone e ingranaggi e oggi l’olio calabresi sono esportati in tutto il mondo con valori di rilievo e raccontano di un olio ambito in tutte le tavole che contano perché in esso è racchiuso il valore unico di:

Colore: verde con venature oro e riflessi color smeraldo;

Odore: fruttato leggero e fresco, con piacevoli sentori di frutta, ortaggi, e cuore di carciofo;

Sapore: sapido, lievemente dolce, con gradevole percezione amara, discretamente pieno e persistente;

Sensazioni: aspettiamo le vostre in Regione Storica Arbëreshë, perché graditi ospiti, di una consuetudine antica.

 

Atanasio Arch. Pizzi                                                                   Napoli 2020

 

Prima di segnare il territorio bisogna intercettare i poli della risorsa, al fine di realizzare i presupposti sociali per la più idonea partecipazione, senza mai smarrire lucidità verso i tre elementi fondamentali di un buon esito:

1.   Conoscenza del Luogo

2.   Competenze generali

3.   Memorie storiche Attive