Dame, fanciulle, versi e virus

di Ettore Marino

           Il generoso Arcuri m’ha comunicato che i miei articoletti sul Ciclismo hanno incontrato eco benigna tra i lettori de Le nuove ere; che non pochi fra essi si chiedono chi io sia; che fanciullette e dame hanno manifestato addirittura curiosità circa il mio aspetto. Si sappia dunque che, arbërèsh di Vaccarizzo Albanese, nacqui a Cosenza nel 1966; che ho collaborato e collaboro con varie gazzette, cartacee e digitali; che nel 2014 ho pubblicato, a mie spese, Un giovane trifoglio tra le spine. Meditazione sull’albanesità; che per l’Editore Donzelli è uscita, nel 2018, la mia Storia del popolo albanese; che, pandemia permettendo, vedrà la luce nel prossimo Dicembre, per le Edizioni Ilfilorosso, una mia vecchia raccolta di liriche intitolata Patibolo. Quanto all’aspetto che mi trovo in sorte, la foto apposta allo scritto darà soddisfazione alla curiosità di dame e di fanciulle; se non ne appagherà le aspettative, colpa non fu del fotografo ma, ahimè, del soggetto!

Quando, dalla Cina, l’influenza da Covid 19 prese a onorare i lidi italici, composi, a conforto degli amici, una filastrocca. Passò del tempo. Me ne chiesero un’altra. Li accontentai. Nell’imminenza della Pasqua, infine, scrissi e diffusi su Whats App una lirica ben altrimenti pensosa, intitolata Pasqua 2020. Giacché il morbo non s’è stancato di infuriare, le presento ai lettori de Le nuove ere.

Prima filastrocca: Chiaro, limpido, palese: / tra noi giunse la cinese! / Chi entro casa sta tappato, / chi va in giro mascherato; / chi dagli altri sta discosto, / chi tossisce di nascosto. / A fugare i tempi oscuri, / chi fa preci e chi scongiuri. / Alla Scienza il tal s’aggrappa, / l’altro al vino od alla grappa. / Chi ce l’ha con il Governo, / chi col diavolo o con Dio; / chi (travaglio antico, eterno!) / con la suocera o lo zio. / Io, pauroso per natura, / nulla temo e nulla peno. / Passerà la ria ventura, / splenderà vasto il sereno. / Pulserà la vita invitta / dall’androne alla soffitta! / Come inganno questa attesa? / Per nessuno è una sorpresa: / io consumo senza smacco / monti e monti di tabacco!

Seconda filastrocca: Voi mi chiedete versi, amici cari, / perch’io vi allieti in questi giorni amari. / Li pretendete buffi perché il riso / zampilli come un breve paradiso. / Vi dirò chiaro chiaro quel che sento: / come può dare luce un lume spento? / Spento, sì, poiché secca è la mia vena; / scrivo, ma scrivo cose che fan pena; / scrivo, se mi chiedete una tal gioia; / questa, però, fa rima qui con noia. / Che posso far se tutto è una laguna? / se il cielo è senza stelle e senza luna? / se, come tutti, giaccio in imbarazzo? / se, come tutti, mi son rotto il cazzo?

Pasqua 2020: C’è una crepa nel corpo della terra. / Inghiotte corpi morti, e ce ne lascia, / beffarda, algide cifre. / È un numero che sale / come una smania o una marea cocciuta. / E tutto si fa piccolo / al montare del sangue. // C’è una crepa nell’anima di ognuno. / La ricolma un terrore che ribolle / come un fiume d’inferno. Convertire / il piombo fuso in oro che ingioielli / le nostre donne è il compito, speranza / e azione dal terrore. / Già si fa cuore l’intelletto, splende / già di sapienza la bontà. Tornare / nel corpo della madre per rinascere / corpi più vivi, corpi d’acqua e spirito. // È l’ora della Croce. / Chiodi e spine frantumano la carne / dell’uomo-Dio. / È l’ora che riassume tutti i palpiti / del tempo. Stringe in gola / un urlo vasto come un tuono, geme / della sua stessa onnipotenza l’ora, / l’ora che ci fu data per conoscere, / per amare e risorgere, fratelli.  

Con ciò, m’inchino alle dame e alle fanciulle, stringo la mano ai cavalieri, e auguro agli uni e alle altre che la bufera passi presto.