CHI HA UCCISO BORSELLINO? MAFIA, POLITICA E APPALTI: LA TRATTATIVA

CHI HA UCCISO BORSELLINO? MAFIA, POLITICA E APPALTI: LA TRATTATIVA

 “ Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri”. Questa la profezia di Paolo Borsellino, questo il sospetto dal quale partì il processo sulla Trattativa Stato-mafia. La strage di via D’Amelio è avvenuta il 19 luglio 1992, ma è stato solo il naturale epilogo di fatti, di detti e non detti partiti da molto lontano.

Il 20 febbraio 1991, il lungimirante Giovanni Falcone riuscì a far depositare l’informativa Mafia e Appalti,un fascicolo scottante che trattava di connessioni tra mafiosi, politici ed imprenditori, un gioco pericoloso nel quale gli affari illeciti privilegiavano gli uomini di mafia ed i potenti corrotti e collusi mentre mettevano sempre più in ginocchio i meridionali onesti. L’informativa, seppur di tale spessore, era ritenuta “inutile” dal Procuratore capo di Palermo, dott. Pietro Giammanco, chiaramente indeciso tra l’adempiere al suo dovere o salvare le finanze a qualcuno. Il 23 maggio ’92 muore Falcone. Paolo Borsellino avverte un sentore, si rende conto che forse, la morte del suo amico Giovanni era riconducibile a quella informativa e a quella sua determinazione nel portare avanti l’inchiesta, seppur ostacolato dalla Procura stessa. Così Borsellino inizia ad indagare con discrezione su Mafia e Appalti, “con discrezione”, visto che il suo capo Giammanco non voleva affidargli il fascicolo. Il mafioso Giovanni Brusca confermerà la portata dell’inchiesta Mafia e Appalti nel ’99, quando dichiarerà che i vertici di Cosa Nostra erano “preoccupati delle indagini sugli appalti”. Dopo l’inizio della collaborazione con la giustizia di Gaspare Mutolo, dopo le stranezze apprese da Borsellino nei Palazzi che contano, il giudice fa un due più due arrivando a vomitare dalla delusione di ciò che aveva scoperto e, soprattutto, ad affermare “Devo lavorare tantissimo e, se mi fanno arrivare…io ho capito tutto della morte di Giovanni”. Paolo Borsellino confidò ad Ingroia che la morte di Falcone aveva a che fare con Mafia e Appalti. Paolo Borsellino aveva capito che era in corso una trattativa tra pezzi deviati dello Stato e la mafia. E avevano anche provato a distoglierlo, a corromperlo, ad avvertirlo, ma Paolo non era come loro. Paolo ha pagato il prezzo dell’onestà, un Uomo di Stato che non si sarebbe mai adattato al sistema, soprattutto non avrebbe preso sotto braccio gli assassini del suo amico Falcone. Borsellino si sentiva osservato, spiato da Castello Utveggio, che sovrasta Palermo, dove si ipotizzava ci fosse una base del SISDE (Servizi Segreti). Tutto torna. Appalti, politica, Servizi, indagini sulla morte di Falcone: Paolo Borsellino è morto perché 27 anni fa voleva scoperchiare il calderone di uomini politici e imprenditori che trattavano con la mafia.

Pertanto, giovani e uomini d’oggi, politici e cittadini, porgiamo l’orecchio alle sue parole: “I consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarne le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questo dovrebbe spingere i partiti a fare pulizia al proprio interno”.

Ma che fine avrà fatto quel fascicolo Mafia e Appalti? Con la controfirma del Procuratore capo Giammanco, è stato archiviato giorno 22 luglio 1992, tre giorni dopo la strage.

Se possiamo fare qualcosa noi oggi? Certo che possiamo. Rifiutando il voto di scambio nelle tornate elettorali; denunciando anomalie nelle gare d’appalto; scegliendo bene chi mandiamo a rappresentarci, che sceglier bene non è votare chi impiegherà nostro figlio, ma chi creerà opportunità di lavoro legali e aperte a tutti; rimandando al mittente le richieste di pizzo e tangenti, informandoci e chiedendo aiuto o consiglio sia alle Forze dell’Ordine sia alle Associazioni antimafia presenti sul territorio. Senza paura, tutti uniti, riusciremo a non piegarci, come ci ha insegnato Paolo Borsellino.

Dai suoi pezzi seminati dal tritolo sull’asfalto di via D’Amelio, insieme ai resti inermi di Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli e Walter Eddie Cosina, sono nate le idee di giustizia, onestà e senso delle istituzioni, sono nati fiori dal “fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità, quindi della complicità”.

 

Federica Giovinco