ACRI: L’EVENTO “PA’RRANI I MURI” – AFFERMA IL PROF ANGELO VACCARO: “CANINO FA CANTARE LE PIETRE FA CANTARE I MURI”

Il fatidico giorno atteso con alta tensione è arrivato, lasciando il passo alla dolcezza e musicalità dei versi in vernacolo, dall’intelligenza e sapienza dei relatori, la completezza di un pubblico scelto che ha apprezzato la silloge presentata. Del libro “Pàrrani i muri” non scriverò molto in questo pezzo, perché l’ho già dato in precedenza, ma racconterò del mitico giorno della presentazione, dell’undicesimo lavoro portato a compimento dal poeta vernacolare Angelo Canino. La sua capacità, l’incredibile conoscenza di termini che cerca di non far dimenticare invogliando i giovani ad avvicinarsi a cosa ha fatto la storia a chi si deve ritenere antico, come un mobile pregiato e non vecchio e desueto, provando vergogna se non si parla in italiano. A questo concetto aggiungo che personalmente sono rimasto affascinato dall’atmosfera, dai tempi rispettati nonostante tanti relatori, nessuno ha avuto bisogno del richiamo del moderatore e giornalista Piero Cirino, bensì sono stati protagonisti, assieme all’autore, di aver creato un caffè letterario, luogo di culto della cultura, un avamposto ben fortificato per assicurare che la lingua locale diventi a sua volta culto. Angelo Canino, quindi, non è un poeta che scrive solo in vernacolo acrese, ma è un esempio di stile divulgante, lui stesso non immaginava di aver creato un terremoto positivo e di essere al centro di un progetto per far amare non solo la rima baciata come lui sa fare, ma rendere le sue poesie motivo sociale di discussione e di approfondimento. Infatti, aver declamato “U ciucciu”, che personalmente trovo magistrale per i contenuti che non si riferiscono solo all’animale, ma chi riflette potrebbe fare un ragionamento sociale ad ampio raggio. Come ho già scritto la tensione iniziale dell’autore si traduce in brillantezza per noi osservatori rimarcando la qualità degli interventi e l’amicizia vera che aleggia senza alcuna invidia, scrittori che hanno dato un contributo notevole alla splendida serata. Ad iniziare dal “poeta del mare”, Francesco Fiore di Rogliano, che pur trovando difficoltà nel pronunciare alcuni vocaboli in acrese ha dimostrato di voler percorrere strade difficoltose al solo scopo di onorare l’amico Angelo che a sua volta lo ritiene un fratello culturale di grande livello. Ecco perché scrivere di questa presentazione, chi era presente avrà sicuramente colto la mia stessa sensazione che è quella di aver partecipato ad un “evento”, lo sottolineo evento, perché tale si è trattato per come è stato organizzato e realizzato. Se del relatore Fiore abbiamo già detto in sintesi, cosa dire di Giuseppe Salvatore, poeta e scrittore, che ha magnificato le gesta di Angelo, quale difensore estremo del vernacolo che ben si distingue dal dialetto come, purtroppo, in tanti fanno confusione. Per ogni relazione ci vorrebbe un singolo articolo, perché tutte interessanti che hanno centrato in pieno l’argomento dando alla platea la sensazione di stare in un teatro ascoltando recitare tanti attori, ognuno è stato protagonista a supporto della meravigliosa serata che si è conclusa con la degustazione di prodotti preparati dalla simpaticissima Fiorella Petrone, moglie del nostro caro poeta Angelo. Si dice che le brave persone si sentono a pelle e questa famiglia lo dimostra anche con le foto scattate dalla figliola per immortale, appunto, l’evento di presentazione. Sono quelle serate che non vorresti finiscano mai, perché ci trovi tanta genuinità che ti contamina delicatamente e approfonditamente. Una signora durante la mattinata di sabato scorso ad una mia domanda ha risposto che lei si sente positiva, guarda la vita con ottimismo e con il sorriso, prendo in prestito questa espressione che trovo geniale in un mondo in cui i tanti affanni ci fanno diventare pessimisti. Sabato 24 febbraio tutto ciò che scorre come un fiume candido di acque cristalline è diventato positivo con il sorriso stampato sul volto non perché imposto. Mi rivolgo spesso ai miei lettori che so che amano leggere questi racconti, le mie narrazioni non sono mai inventate, ma descrivono ambienti e sentimenti che ospitano e poi ti invadono divenendo dei ricordi insostituibili. Al tavolo di presidenza c’era il presidente della Fondazione “V. Padula”, Giuseppe Cristofaro, ne evidenzio uno stralcio del suo discorso: “Quella vita dentro la casa parlano i muri che è un concentrato della poesia del libro che è stupendo. Quella casa è metafora di Acri, di un paese, è metafora di una comunità. In quella casa si svolgeva la vita e c’era tutto. La capacità di Angelo sta nel far rivivere le emozioni, è come una macchina fotografica che incamera tutto, li elabora e li ripresenta”. E sono tutti momenti che affascinano ed emozionano intensamente. Bravo Angelo, sei riuscito ancora una volta a partorire il tuo undicesimo figlio, una pubblicazione ispirata – come dici tu – dalla neve o dalle notti insonne – ma che diventa luce regalandoci momenti indimenticabili. Per l’istituzione non poteva mancare la presenza dell’assessore alla cultura del Comune di Acri, Mario Bonacci, il professore non si è limitato ai saluti istituzionali, anzi ha chiesto di parlare per ultimo proprio per mettere a fuoco nelle giuste dimensioni l’evento nelle sue sfaccettature. “Mettere assieme musica e poesia – afferma l’assessore Bonacci – è un progetto che coinvolge Angelo Canino ponendo al centro la memoria. Le poesie di Angelo rientrano fedelmente in questo percorso culturale. In riferimento alla serata c’è una bellissima atmosfera, l’attenzione è molto particolare, questo significa che c’è voglia anche di comprendere il significato di un’opera letteraria, un’opera poetica come in questo caso, soprattutto perché trattiamo un tema particolare”. Quante belle testimonianze che onorano la poesia e l’autore Angelo Canino e lui a sua volta con l’umiltà che lo contraddistingue misura con gli sguardi il buon esito e nulla diventa pesante o banale, anzi, nella sua leggerezza c’è la forza dell’approfondimento totale. Parlando di bellezza, il moderatore Cirino presenta, egregiamente, il professore Angelo Vaccaro, che ama tantissimo l’ambiente ed è un camminatore per sentieri. Ho avuto modo di ascoltarlo nel presentare lo scrittore naturalistico Francesco Bevilacqua, non meno esperto di valli e monti, di sottoboschi e di vita delle piante che ci trasmette ad ogni incontro e tutto ciò ci inorgoglisce. Spero non me ne vorrà il caro Angelo Vaccaro, perché volevo iniziare quest’articolo proprio con le sue affermazioni che trovo molto appropriate a descrivere la bellezza che gli è stato chiesto ma lui va oltre: “A dire il vero non vedevo l’ora di partecipare a questa serata – inizia così il prof Vaccaro – Mi sento emozionato perchè assieme a me Angelo ha invitato la parte apicale della cultura acrese, ma anche autorevoli poeti e scrittori che io non conoscevo di persona ma di fama. Credo che abbiate esaltato la poetica di Canino alla grande, perché in essa veramente c’è il senso della bellezza. Canino fa cantare le pietre, fa cantare i muri, racconta la nostra storia meravigliosa della civiltà contadina e degli antichi mestieri. Sono contento, avevo in mente di fare una serie di considerazioni che esulano dalla poetica, perché secondo me Angelo fa nella sua carriera, non solo nel suo libro di oggi, ma già nel primo, un piccolo dizionario, si presenta davanti alla nostra storia, alla nostra comunità come un eretico, nel senso buono antropologicamente e storicamente. L’eretico sceglie liberamente. Hai fatto una scelta straordinaria, hai scelto di scrivere in vernacolo. Il vernacolo è la lingua parlata in un luogo, non è un dialetto, i vernacoli sono lingue vive parlate da un popolo che vive in una valle stretta o in una montagna. C’è un vernacolo di Picitti della Rutunna, i chillabbanna i Muccuni, di San Giacomo, di Chimento e Pertini, John Trumper ha mappato i dialetti acritani. Angelo, prende l’acritano parlato e lo usa come il fabbro usa il ferro rovente, per scrivere versi, dare messaggi, per esprimere sentimenti, questo acritano parlato è una delle prime volte che viene usato. Un solo precedente “U Mattunaru”, Michele Reale, quando scrive il poemetto “U mattunaru”, anche lui in quel periodo è un trasgressore. Voi avete trasgredito alle regole del dialetto calabrese, perché tutti i nostri autori dell’800 e ‘900 hanno scritto nel dialetto letterario. Ma tu non potevi fare diversamente perché nel momento in cui hai scelto di esprimere in meglio la bellezza dei luoghi, delle persone, dei valori, dei sentimenti, queste cose possono essere espresse solo dalla lingua parlata di un popolo che non è stata trasmessa dalla grammatica, dalla sintassi, nelle opere paduliane, nelle opere di Scervini, nelle opere di Julia, perchè quelle sono in calabrese, Angelo scrive in acritano ciò fa scandalo, perché tutti si chiedono una domanda: ma cumu si scrive l’acritano?”. Se Angelo fa un atto fondativo, a piccoli passi fonda un canone per poter scrivere fonemi e lemmi in acritano, come afferma lo stesso Vaccaro, e penso che questa conclusione è la più opportuna per magnificare l’operato di Angelo Canino, poeta del nostro tempo, dei nostri giorni, ma che diventa universale per aver scelto ciò che non dovrà mai scomparire e cioè: pàrra cumu mammata t’affatto. Non esiste più sublimazione di questa sonorità che ognuno di noi in età avanzata ha continuamente nelle orecchie ed è solo melodia. Per tutto ciò non scritto in questo pezzo il libro va acquistato per assaporarne il contenuto.

Ermanno Arcuri