“UN SOGNO DI POESIA” DI BARBARA DI FRANCIA

“UN SOGNO DI POESIA” DI BARBARA DI FRANCIA

Spesso ci domandiamo cos’è realmente l’emozione. E’ vero, pervade i sentimenti, a volte ci lascia indeboliti, indifesi, ma arricchiti nell’animo. L’emozione è guardare un buon film, come “Spirito selvaggio”, che racconta di un’adolescente che si mostra dispettosa e irrequieta. Che frequenta amicizie discutibili e ciò perché si sente causa del divorzio dei genitori e della morte del fratellino in un incendio, non riuscendo a salvarlo. La legge la condanna a 60 giorni presso un ranch ad accudire i cavalli….in questo luogo la riabilitazione totale grazie ad un quadrupede da inserire dopo le corse. Il film va visto integralmente perché certe emozioni sono proprie e differenti a secondo di come risponde la nostra sensibilità. E’ così anche con un libro che mi è stato regalato dall’autrice Barbara Di Francia. Ha un cognome regale la scrittrice che conosco da poco, ma vorrei tanto approfondire le sue emozioni che spingono a regalarci perle come le sue poesie. Barbara, è una donna che non ama mettersi in mostra o meglio in vetrina e se lo fa utilizza ogni mezzo per sembrare evanescente, anzi, evaporare in quel momento. La nebbia di Londra è poca cosa con la sua trasparenza. Ciò per dire che non le piace apparire ma preferisce che a portare lustro sono i meritevoli versi che scrive. Guardando i tantissimi libri di un’infinità di autori che sovraffollano la mia libreria, per ognuno ho scritto almeno una volta se non di più. Mi concentro e trovo l’ispirazione per descrivere il personaggio Barbara Di Francia dopo aver letto i suoi componimenti. Il titolo “Un sogno di poesia” mi è molto piaciuto, il treno è carico di speranza e ci porta in un lungo viaggio dove ognuno di noi vuole arrivare e cioè conoscere sé stessi. La scrittrice afferma: “Non so quando partirà né dove andrà, ma di sicuro da qualche parte si fermerà – continua la poeta Barbara – Poche fermate, la corsa riprende…il cammino è lungo…forza e coraggio!”. Allora armiamoci di forza e coraggio e viaggiamo sulla silloge di una donna che impareremo a conoscere lungo il percorso ad ogni stazione che questo treno infinito farà tappa. Penso di iniziare “A piccoli passi” che come scrive Barbara: “giorno dopo giorno, si va avanti, in punta di piedi, alcune volte per non far male, quasi come per non disturbare…altre, invece, scontrandosi con la gente, con gli altri, che sembrano diversi e forse lo sono…”. Noto in questi primi versi una Barbara che ha deciso di affrontare la vita vivendo il suo spazio senza dare fastidio, non vuole scontrarsi con nessuno perché gli altri sono diversi. Diversi da lei, che non ama il vociare, fare la voce grossa, gesticolare per attirare meglio l’attenzione, Barbara, decide di fare il contrario, lasciare dietro di sé la veste della comprensione, dell’affetto e dell’amore. La poesia più di un romanzo presenta al lettore come si è veramente; la persona si rende nuda al cospetto dei suoi lettori che ne comprendono sino in fondo il potere che è insito in quella personalità che non sgomita, ma che si fa apprezzare con dolcezza, con la voce sensuale, con una presenza non ingombrante ma intrigante. C’è chi pensa che leggere un libro di poesie è la cosa più facile, invece, è proprio il contrario, perché mentre una storia ha i suoi capitoli, ogni poesia è un capitolo, proprio per questo si devono analizzare una per una. In esse si scoprirà di trovare molte sfaccettature di una personalità, perché ognuna è testimone di uno stato d’animo differente. Torniamo al discorso di prima sulle emozioni, ogni strofa produce emozione e non ci si può affrettare a comprendere un personaggio sorvolando frasi e frasi. Gli articoli che scrivo su autori che mi forniscono i loro libri, meglio dire le proprie creature, non sono e non vogliono essere delle recinsioni, come fanno autorevoli che ne curano la prefazione, in questo caso, ancora una volta è Benito Patitucci che ho ritrovato in altri volumi e che scrive: “dai palpiti di un cuore desideroso di aprirsi e lasciare che altri possano leggere tra le sue pieghe i sentimenti, gli stimoli, le sensazioni che hanno ispirato i suoi versi”. E’ profondo ciò che scrive Patitucci, ma provo ugualmente a raccontare la mia narrazione di Barbara che ho scoperto poeta in un concorso di poesia e che per la prima volta ho filmato non inserendo la sua parte nella registrazione. Una dimenticanza che la stessa Di Francia, contattandomi, mi ha fatto notare, ho provveduto prontamente ad integrare, questo piccolo inconveniente ci ha permesso il primo contatto. Da lì la nostra breve conoscenza, ma che dopo la lettura anche del suo libro intitolato “Le impronte del tempo”, che merita un nuovo articolo, posso affermare che la donna poeta non è più l’astratta pittrice di momenti di vita, ma è lo specchio ideale di sentimenti rari e puri. Molto più puri che rari, perché in altri autori la rarità diventa merce comune, mentre la purezza dei suoni poetici è padronanza di pochi. Non so se altri hanno scritto di Barbara Di Francia e della sua poesia, non leggo mai curriculum se mi appresto a scrivere del mio, cerco di non farmi influenzare e di trasmettere realmente ciò che penso anche in alcuni casi sensazioni negative. Mi ha colpito molto la poesia: “Mi ritrovo sola”, che all’apparenza è tipica di chi scrive. Ogni autore è sempre solo in compagnia dei suoi fogli e della sua penna, in questo caso però Barbara riempie un altro foglio con la genialità del tempo scandito da una clessidra, nel silenzio prendono forma i sogni che sfuggono via. Penso che in questa poesia è centrata la personalità dell’artista poeta, piace identificarla così, sempre alla ricerca del giusto con un passo avanti cammina la sua anima. E’ dura comprendere attraverso la cornice di che pasta è fatta una persona, salvo poi decidere di andare al centro della tela, farsi trasportare dalla linfa vitale sino al cuore per aprire lo scrigno dei sentimenti e raggiungere il cervello dove vengono codificati e resi alla luce del sole. Intanto non è da tutti avere il dono poetico, molti si sentono tali, lo credono fermamente, ma se non c’è l’apprezzamento degli altri è come essere un professore che sa insegnare solo a sé stesso. Ci sono “gnomi” li chiamo così i poeti che sanno profondamente trasmettere, di questa specie fa parte Barbara, che ha aperto il cuore che con “Sogni d’oro” non si limita alla frase comune per augurare una dolce notte in braccio a Morfeo, ma precisa: “Piccolina dagli occhi vispi, la tua vita appesa a un filo e ogni giorno una conquista. Non c’è giorno in cui il tuo sorriso non mi faccia sperare per te, piccola e indifesa di fronte alla vita”. Per noi comuni mortali per esprimete lo stesso concetto ci sarebbero voluto un quintale di vocaboli, Barbara, invece, colpisce con la sintesi e trasmette più di tante frasi, un dono interiore che riesce a dare a tutti noi perché non si sente custode di alcune proprietà, ma le concede agli altri con l’amore della sua poesia. Per seguire la sintesi che l’artista-poeta ha insegnato, non posso soffermarmi su ogni poesia che meriterebbero, ma concludo con qualcosa che possa far meditare anche voi lettori che seguite i miei racconti che vi parlano di fatti o di persone che non molti conoscono ma che sono il vero centro di gravità di questo mondo. Mi riferisco a “Nonnina”, poesia in duplice veste in italiano e vernacolo. In sogno arriva la cara nonnina, il vento furioso imperava al di là della finestra. Una lampada si accende per fare luce e prendono forma i ricordi della persona tanto cara che non è più fra noi. Perché trovo sublime questa poesia, per il semplice fatto che ognuno di noi ha sognato la propria nonna o madre, spesso però non troviamo le parole per descrivere l’incontro, invece, Barbara, ci riesce, si alza dal letto e scrive: “Mi ha fatto piacere che ti ho rivista, anche se è durato poco”. La profonda fede di Barbara che affida tutti alla sua nonnina che ci guarda da lassù è la giusta conclusione di questo pezzo e solo adesso leggo di Barbara moglie e madre, da pochi anni si è avvicinata alla poesia, appassionata di fotografia (non sbagliavo a dire artista, perché chi fotografa lo è). Ha ricevuto speciali menzioni d’onore, tanti premi che esaltano le sue liriche, una sua composizione è stata selezionata dall’Accademia dei Bronzi di Catanzaro per l’antologia “Nel nome di Alda”. E se è vero come scrive Alda Merini: “che i poeti scrivono di notte quando il tempo non urge su di loro, quando tace il rumore della folla e termina il linciaggio delle ore”, i giornalisti, purtroppo, devono superarsi, perché spesso è necessario farlo in mezzo alla gente per documentare un fatto di cronaca. Non è stato così per me che ho seguito l’esempio di Alda e ho scritto questo pezzo di notte per una maggiore concentrazione ed è successo anche a me ciò che scrive in postfazione il poeta vernacolare Angelo Canino: “Quando un lettore si lascia “trasportare” nei sogni da una poesia, significa che quella poesia è riuscita a trasmettere qualcosa di profondo e di meraviglioso”. Brava Barbara, continua a sognare e farci sognare te ne saremo sempre grati.

Ermanno Arcuri