LA POESIA DI LUCIA LONGO “MUTE I MONOLOGHI DI ECO”

LA POESIA DI LUCIA LONGO “MUTE I MONOLOGHI DI ECO”

Lucia Longo non è solo una poetessa, è un personaggio di oggi. Per chi ha avuto la fortuna d’incontrare i suoi primi versi, personaggio lo era anche ieri e per chi avrà perseveranza lo sarà anche domani. La sua poesia per i temi che tratta si può definire senza tempo eppure è così attuale. Hanno scritto di lei: “L'anima, che per l'uomo comune è il vertice della spiritualità, per l'uomo spirituale è quasi carne”: lo scriveva la poetessa russa Marina Cvetaeva quasi un secolo fa e questa fusione tra anima e carne si dischiude nei versi di un’altra poetessa, Lucia Longo. La sua poesia è una poesia che diventa corpo e attraverso il corpo e la gestualità arriva all’altro in una visione che resta aggrappata ai sensi”. Tutto ciò si evince dalla silloge “Anima e carne” pubblicata dalla casa editrice Il Filorosso. Sempre della stessa casa editrice è “Mute I monologhi di Eco”, raccolta di poesie che è stata recentemente presentata e che la poetessa è riuscita ancora una volta a dare il meglio di sé trasferendo al lettore un mondo misto di sogni e realtà, di pensieri ed analisi che si possono raccogliere sui petali di una margherita tanto sono intense le emozioni. M’ama non m’ama per restare con l’ultimo petalo nel quale si cela e si crede il proprio futuro di cosa ci riserverà. Lucia Longo non è solo poeta, ma è artista, disegnatrice, pittrice, scrittrice, manipolatrice di termini, insegnante e maestra, ma anche attrice dei suoi monologhi che dipinge quasi a donare assieme al libro anche un dipinto da appendere incorniciato nel cuore e lasciarlo ammirare dalla propria anima. Spesso si pensa che la teatralità è sinonimo di recitazione scenica o platealità. Lo pensa chi frettoloso non approfondisce i versi di una donna che è forte del suo carattere prepotente che sa porgere con dolcezza. Con naturalezza e spontaneità, Lucia, è istrione, la sua presenza non passa inosservata. La sua ultima fatica letteraria la pone a livello delle migliori scrittrici di Calabria. Chi ha maggiore conoscenza i suoi versi nulla hanno da invidiare a mostri sacri della letteratura italiana. Nel suo raccontare il trauma da abuso nascosto, monologhi, poesie e foto invitano all’acquisto di un libro meraviglioso, la cui lettura deve essere cadenzata in simbiosi con il proprio stato d’animo. Senza alcun dubbio è un grido di denuncia e come scrive l’autrice: “perché le Eco possano riappropriarsi della loro voce e interrompere la danza perversa con il proprio Narciso, nel crudele gioco della violenza e della manipolazione affettiva”. L’artista “LL”, piace chiamarla così, in quanto Lucia Longo ha in più di altre poetesse la creatività espressiva, non recita, non declama ma interpreta e questo lo può fare solo chi riesce ad esprimersi con la parola, con il corpo e con l’anima all’unisono. Contemporaneamente rappresentano il fulcro del personaggio che abbiamo identificato come di “oggi” e che attraverso i suoi scritti resterà nella memoria perenne. I suoi versi non temono i giudizi, perché le sue poesie esprimono ciò che ogni critico potrebbe dire. Ne anticipa i pensieri, le sfumature e rende anche le critiche affascinanti. Chi sa scrivere seguendo il linguaggio del vernacolo o in lingua italica, chi lo sa fare con lo stile che la contraddistingue, Lucia, è più che mai poetessa al centro del mondo. Quel “centro di gravità permanente” come cantava il M° Franco Battiato, è proprio lì che si permea con tutti gli altri elementi della vita l’ispirazione personale che diventa di dominio pubblico dopo aver dato alla luce un libro che va letto attentamente. Ogni sua pubblicazione è una vera installazione, in essa non trovi solo ciò volevi conoscere, ma anche ciò a cui non pensavi affatto. La sua performance nello srotolare il libro con i disegni resta un marchio, una distinzione, un contrassegno, è sicuramente l’etichetta che la eleva e diventa una griffe nazionale. E’ piacevole immergersi nei versi di chi nell’arco dell’anno sa mostrare la sua arte in tante località italiche, come per esempio in Toscana, la sua poesia è paragonabile al detto “dove passa Attila non cresce più l’erba”, nel caso della nostra poetessa, invece: “dove si ascoltano i suoi versi si resta eccitati, entusiasti, rapiti”. Nel suo ultimo libro Mute, si legge e si ascolta la voce della speranza, la fede di un cambiamento. In tanto abuso nascosto, pur sempre una violenza, i versi rappresentano un viaggio terapeutico con l’auspicio della salvezza, arando il solco dell’ottimismo. Lascio ai lettori del libro e di questo pezzo una delle più significative affermazioni di Lucia: “Le poesie che giungono a me, sono involontarie come involontaria è la mia esistenza”. Interpretando il pensiero anche della gente comune: ci troviamo ai piani alti della poesia scenica.

Ermanno Arcuri