I MISTERI DELLE AGENDE DI GIOVANNI FALCONE

I MISTERI DELLE AGENDE DI GIOVANNI FALCONE

Se qualcosa scompare e nessuno se ne accorge, questo sì che è scomparire. E come parliamo del furto dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, parleremo anche della cancellazione delle agende elettroniche di Giovanni Falcone, cosicchè niente sia destinato alla dimenticanza, quindi alla scomparsa.

Giovanni Falcone possedeva due agende elettroniche, antenate dei cellulari, una Sharp ed una Casio con allegata una ram, scheda di memoria esterna regalatagli dall’avv. Gioacchino Genchi, il quale testimonierà che realmente esisteva questa ram e che, effettivamente, era usata da Falcone. Il perché della testimonianza? La scheda ram non è mai stata ritrovata dopo la strage di Capaci quel maledetto 23 maggio 1992.

La Sharp e la Casio, invece, sono state ritrovate, due databank che contenevano ogni appunto del giudice, maniacale nell’appuntare scrupolosamente qualsiasi cosa, così come Borsellino nelle sue agende cartacee, la grigia e la rossa. Ma un “mistero”, o un qualcuno/qualcosa che in questo modo vuole sentirlo definire, avvolge le due agende elettroniche di Falcone: mancano pezzi importantissimi, buchi temporali giganti non solo quantitativamente ma soprattutto qualitativamente. Manca l’appuntamento a casa Borsellino previsto per l’11 gennaio 1992, appuntamento viceversa segnato da Borsellino nell’agenda grigia. Si potrà obiettare che magari quell’appuntamento saltò, ma Borsellino usava depennare ciò che saltava e, quell’appunto, non è stato mai depennato. A mancare e a destare ancora più sospetti, è il mese del marzo ’92. Possibile che Falcone, maniaco dell’appuntare tutto in modo preciso, non abbia scritto nulla proprio nel mese della polemica per la superprocura, delle vicende dell’Addaura, degli incontri con Borsellino, Ayala, Cossiga, degli appuntamenti istituzionali e, soprattutto, dell’omicidio di Salvo Lima? Possibile, poi, che casualmente entrambe le agende abbiano eliminato da sole lo stesso mese? Un ingegnere, durante l’udienza al processo sulla strage di Capaci, diede forse una spiegazione più verosimile: un esperto sarebbe in grado di alterare o cancellare parti di testo, file, contenuti, senza lasciare traccia.

Altro fatto strano. La mattina del 30 maggio ’92, l’agenzia Ansa spiega che Falcone era arrivato ad una svolta sull’omicidio Lima e che partì per gli Stati Uniti per parlare con il pentito Buscetta. Quest’ultimo, dopo la morte di Falcone, ha paura e non vuole più parlare. La stranezza arriva adesso. Sia l’FBI sia il ministro Claudio Martelli, smentiscono questo viaggio in America di Falcone nei mesi di marzo e aprile. D’altra parte, avvocati, giornalisti, ex agenti dell’FBI, magistrati, tutti vicini a Falcone, confermano che, in effetti, il giudice andò in America dopo l’omicidio Lima. Non solo. Charles Rose, magistrato americano che manteneva i contatti tra il pentito Buscetta e Giovanni Falcone, disse di aver visto per l’ultima volta Falcone proprio nel mese di aprile, quando conduceva un’indagine a New York e parlò con Buscetta. Rose, sentito dalla Procura di Caltanissetta, farà un passo indietro, addirittura lo fecero passare per pazzo, nonostante era considerato uno dei più grandi magistrati americani, senza mancanze e senza problemi.

Ma cosa aveva scoperto Giovanni Falcone in quei due mesi di fuoco della prima Repubblica italiana? Perché è stato ucciso proprio a maggio? Perché, quel 23 maggio ’92, un elicottero di origini sconosciute sorvolava il luogo dell’esplosione? Cosa aveva appuntato Falcone nella ram e nella Casio tra marzo e aprile? E perché l’FBI e lo Stato italiano avevano interesse a nascondere un viaggio del giudice in America per incontrare Buscetta?  Le domande sono tantissime.

Evidentemente c’è qualcosa, dietro queste vicende, che va oltre, molto oltre quello che vogliono farci sapere. D’altronde, Giovanni Falcone era uno che non si accontentava e, forse, per la sua mania di costruire una castello solido, ha scavato troppo in fondo alla sabbia della Prima Repubblica italiana. Forse non solo questo. Forse Giovanni Falcone aveva capito che la mafia non era una questione di Stato bensì una questione mondiale: l’America preferiva un’Europa disunita ed affari stratosferici e all’Italia andava bene così, perché gli affari stratosferici partivano da qui. Giovanni Falcone era avanti, aveva capito tutto ed è stato ammazzato. Paolo Borsellino aveva capito tutto della morte di Giovanni ed è stato ammazzato.

“È una civiltà che scompare, e su di essa non c’è da piangere, ma bisogna trarre, chi ci è nato, il maggior numero di memorie” (C. Alvaro, Gente in Aspromonte)

                                                                                              Federica Giovinco