IL SIGNIFICATO DELLLA VISITA DEI PRESIDENTI S. MATTARELLA E I. META IL 7 NOVEMBRE A SAN DEMETRIO CORONE

IL SIGNIFICATO DELLLA VISITA DEI PRESIDENTI S. MATTARELLA E I. META IL 7 NOVEMBRE A SAN DEMETRIO CORONE

Il 7 novembre San Demetrio Corone, e per riflesso tutta l’Arberia, vivrà una giornata unica, storicamente la più importante in tutti i sei secoli di storia arbëreshe in Italia. Il Presidente della Repubblica Italiana, on. Sergio Mattarella, e il Presidente della Repubblica Albanese, on. Ilir Meta, si incontreranno tra le mura del millenario ex monastero basiliano di Sant’Adriano, divenuto poi Collegio Italo-Greco alla fine del Settecento, per celebrare la figura di Giorgio Castriota Skanderbeg, morto nel 1468 dopo aver combattuto la dominazione turca dei Balcani per costruire un Principato albanese indipendente e dare unità nazionale alla identità del popolo albanese. Il fatto che l’incontro si tenga dentro le mura del Collegio Sant’Adriano, luogo da dove sono stati educati e formati i martiri, gli intellettuali e i patrioti italo-albanesi che per sessant’anni hanno sacrificato la loro giovinezza nel nome dell’Unità d’Italia, ci dice chiaramente quale sia la portata politica e morale di questo evento. Il Presidente Mattarella con la sua presenza legittima, senza ombra di dubbio, l’esistenza della minoranza arbëreshe in Italia, formatasi ai tempi immediatamente successivi la morte di Skanderbeg, oggi, purtroppo, discriminata e derisa dalla classe politica nazionale e dai suoi governi, dimenticata dalla deputazione parlamentare calabrese sin dai primi anni di vita della Repubblica, alla cui Carta costituzionale è stato protagonista attivo il giurista Costantino Mortati, arbëresh di Civita. Il giorno 7 novembre il Presidente Mattarella ricorderà al Parlamento italiano che in sette regioni italiane esistono comunità italo-albanesi per le quali è vigente una legge costituzionale (l. 482/99) che deve ancora essere applicata. Il Presidente Meta, a sua volta, con legittimo orgoglio parlerà di noi Arbëreshë, come propaggini in Italia dell’antica cultura degli “uomini liberi albanesi” del XV secolo, e sarà fiero che cittadini italiani di lingua albanese, da sempre leali verso lo stato e le istituzioni italiane, siano stati anche tra i padri della nascente Nazione albanese alla fine dell’Ottocento e che ancora usino la lingua parlata sei secoli prima nell’aree balcaniche. Entrambi i Presidenti concorderanno che gli Arbëreshë sono un ponte di amicizia tra l’Italia e l’Albania e che attraverso questo ponte l’Albania potrà essere quanto prima accettata fra gli Stati che compongono l’Unione Europea. Se tutto avverrà, come questo mio piccolo auspicio si augura, agli Arbëreshë viene offerto una possibilità ulteriore per rivendicare i diritti che si sono conquistati nella storia e continuare ad essere un segmento di società unico nel panorama delle minoranze regionali europee. Una opportunità da sfruttare con maturità e lungimiranza. Intanto per chiedere che i due Stati firmino Memorandum per facilitare l’insegnamento della lingua arbëreshe ed albanese nelle scuole dell’obbligo dei nostri comuni. Che dall’Albania ci giungano sostegni didattici e scambi culturali fra gli sco

Federazione Associazioni Arbëreshe-Federata e Shoqateve Arbëreshe Piazza della Repubblica 9/a, 87019 Spezzano A. –tel. 3388700823; mail presidente.faa@gmail.com

lari e studenti; che l’Arberia possa trovare in Albania luoghi fisici dove depositare il proprio patrimonio culturale e trasmettere la propria storia. In questa prospettiva molto legittima potrebbe essere la rivendicazione del Presidente on. Mario Oliverio di esercitare come Calabria, nell’ambito delle politiche di governo, un ruolo di Regione guida per pianificare una politica di cooperazione fra le sette regioni dove vivono comunità italo-albanesi, da cui far nascere una azione congiunta tra l’Italia, l’Albania e il Kosovo, incluso gli altri Stati come la Macedonia e il Montenegro dove è consentito l’uso della lingua albanese. Può, dunque, nascere una nuova politica di pace e di collaborazione tra alcuni Stati Balcanici e le Regioni dell’Italia Meridionale, grazie alla presenza del popolo arbëresh. Sta a noi, dunque, attivarci per dare corso questo nuovo processo. Sta soprattutto alle Associazioni come la nostra dialogare con i Sindaci per iniziare una discussione comune da cui possa nascere una nuova piattaforma di fase e una vera e propria progettualità politica a sostegno delle comunità italo-albanesi. La legge 15/2003 della Regione Calabria, applicata solo in qualche articolo, consente l’apertura a una nuova ridiscussione sulle politiche regionali e sulla cooperazione tra la Regione Calabria con l’Albania, il Kosovo ed altri paesi di area linguistica albanese. Dobbiamo solo evitare di ragionare in ottica localistica e personalistica. Dobbiamo alzare lo sguardo e guardare avanti, dentro l’indistinto mondo del villaggio globale, che minaccia di assorbirci ed estinguerci. Entro questo magma linguisticamente globalizzante ci sino milioni di migranti albanesi: essi vivono in tutti i continenti del pianeta. Tantissimi vivono in Europa, che a volte con loro è benevola altre volte no. I migranti albanesi in Italia, hanno bisogno di diritti primari: la casa, l’istruzione, la salute, la pensione, la possibilità dell’insegnamento della propria lingua, del diritto di cittadinanza. Sono diritti acquisiti perché con il loro lavoro portano ricchezza allo stato che li ha accolti e a quello che hanno lasciato. Gli Italo-Albanesi di Calabria se vogliono continuare ad essere un esempio mondiale di diversità culturale, senza mai essersi avvicinati a presunte conflittualità etniche devono guardare a questo scoglio che emerge nella uniformità della globalizzazione dei linguaggi e della comunicazione planetaria. Con enfasi e risolutezza dobbiamo affermare la nostra cittadinanza italiana, ma nel contempo essere orgogliosi di parlare una lingua, l’albanese, ed conservare nella nostra cultura popolare elementi del Kombi (spirito nazionale albanese) e per questo pensare ad una grande rete di unità e solidarietà con tutti gli albanesi del mondo.

 

Damiano Guagliardi