Un romanzo di vita per raccontare i fasti del Gruppo Folk Zjarri (Il Fuoco) di San Demetrio
Prosegue incessante l'attività editoriale della FAA (Federazione
Associazioni Arbëreshe).
Il nuovo testo, autore l’ex consigliere regionale Damiano Guagliardi, è
dedicato all’attività del gruppo folkloristico Zjarri ( Il fuoco) nel periodo
1970 / 73. Il libro, Apollo Edizioni, narra le esperienze dello stesso autore
vissute all'interno del sodalizio: dalla umiliante contestazione di
Corigliano, alla immediata rinascita, con una lunga cavalcata di successi.
Il racconto di Guagliardi, come si suol dire, è troppo bello per essere
vero. Come se fosse un sogno a puntate: tanti amici, momenti di
spensieratezza, luoghi comuni, vite parallele ... Storie che scivolano
via tra incertezze e determinazione. Non solo le prime esperienze
artistiche, ma i primi amori, che ti pervadono l’animo e ti fanno
rabbrividire. Ogni qualvolta, però, che ci si risvegliava c’era la
consapevolezza che lo scopo nelle cose da perseguire era tropo alto,
già allora. Si trattava di dare dignità agli elementi identitari,
attraverso una danza, una canzone e quant’altro potesse rappresentare:
“Dheun i Arbërit / Il mondo degli arbëresh” … E se fosse necessario,
rispolverare “Kanunin”, il codice d’onore degli albanesi par parare i
colpi della maldicenza, figlia della gelosia e dell’ignoranza, che era
solito fare la spola tra San Demetrio e Lungro. A volte il racconto di
Damiano Guagliardi è da brividi se si pensa, per esempio, alla
sassaiola di Vibo o al debutto in teatro a Roma con la musica ritmata
della fisarmonica, con le scintille delle spade, con le danze e le
musiche nella sala. Uno spettacolo nello spettacolo! Il cliché artistico
di Roma, nato dalla osservazione minuziosa di un altro gruppo e dalla
risoluzione di alcuni nodi organizzativi, diventa unico per tutte le altre
manifestazioni.
La lettura del romanzo da scorrevole e leggera, a tratti diventa
suggestiva, assumendo contorni pittorici, simili ad una cartolina.
Descrizioni ambientali genuine, come il parto in primavera. Insomma
un clima di candore, foriero di nuovi amori. Non mancano neanche le
scene da film, le esperienze d’avanguardia con il recupero delle radici
popolari, che nei decenni successivi diventerà occasione di studio per
coreografi ed etnomusicologi oppure pagine di solidarietà nel ricordo
di un caro amico, cui il desiderio di immergersi nel blu del mare
sognato per tutto l’inverno giocò un brutto scherzo.
La postfazione dello stesso autore è dedicata al compianto a don
Giuseppe Faraco.
Gennaro De Cicco
Gennaro De Cicco