“GIOVANNI REVERBERI” DI NATALIA CONTI UN LIBRO DA LEGGERE

“GIOVANNI REVERBERI” DI NATALIA CONTI UN LIBRO DA LEGGERE

Capelli nero corvino perfetti, sorriso perfetto, linguaggio espositivo perfetto, sguardo profondo perfetto, simpatia perfetta, bellezza perfetta. Ciò che ancora manca di Natalia Conti, è l’emozione che ha saputo trasferire al lettore con il suo libro autografato, l’abbiamo letto e risulta: perfetto. Presentiamo così il primo libro scritto da una donna che sembra un ritratto del sud ed invece è di Parma, riuscendo a far suo un regalo della vita nel racconto che suo nonno deportato a Dachau ha voluto consegnare ai posteri. Incontriamo la scrittrice Conti assieme ad Antonietta Meringola di Apollo Edizioni, che ha pubblicato non un libro ulteriore sulla deportazione, ma un racconto di un italiano, non ebreo, che ha subito quel viaggio che per milioni di persone è risultato di non ritorno. Natalia Conti, ha impiegato molto tempo per scrivere questo libro, che è interesse di tutti leggere per non dimenticare. Lo stesso nonno, Giovanni Riverberi, ha chiesto alla nipote se era pronta ad ascoltare una storia che meglio avrebbe fatto comprendere la deportazione, quei vagoni di treni sigillati sino all’arrivo in uno campo di concentramento in cui avveniva la “soluzione finale” di un popolo e non solo. Numero tatuato sul braccio 142227, non più persona ma un numero identificativo, questo quello di Giovanni Riverberi, che ha avuto la fortuna di tornare e di raccontare alla nipote, dopo molto tempo, l’esperienza più triste della propria vita. Nelle pagine scritte con una “penna sottile”, come afferma l’editrice Antonietta Meringola, c’è il racconto di un partigiano che ricorda i drammatici momenti della Seconda Guerra Mondiale. Un uomo che ha lottato per la libertà, osteggiando in qualsiasi modo il fascismo ed il nazismo, si ritrova catturato, vivendo lo straziante viaggio all’interno di un vagone di un treno piombato e diretto a Dachau. Natalia, in questo luogo è andata prima di scrivere il suo libro, ambiente che a visitarlo oggi trasforma le persone, il pensiero va a quel periodo, dove ogni giorno arrivavano persone private della propria libertà, della propria dignità ed anche dalla scelta di come morire. Camini di fumo bianco che disperdono nell’aria corpi nel vento, il solo modo per ritrovare la libertà e porre fine alle sevizie di aguzzini in divisa. In questo libro si coglie l’anima di un viaggio crudele, di una realtà fatta di torture, violenza, in un lager. Quel dolore, nonno Giovanni, dopo 70 anni ha voluto raccontare a sua nipote, non ne aveva parlato con nessuno prima, scegliendo come portavoce proprio Natalia. Alla sua memoria l’autrice ha dedicato pagine che non fanno mai affievolire la continuità di giungere sino alla fine e di poter dire che la testimonianza lascia il segno nell’anima del lettore. Le foto e soprattutto le poesie arricchiscono un contenuto già di per se interessante, tra queste poesie ne scegliamo una che resta scolpita nel cuore dal titolo “La guerra” e dice così: “E’ sempre uno da solo che vuole la guerra ma la fa fare a quelli che non la vogliono. In un salone di specchi e lampadari recita la parte del padrone, insieme ai generali, tutti con bicchieri in mano. Intanto, milioni di ragazzi macchiano di rosso la neve bianca, senza sapere perché”. Ci piace concludere così e trovare nelle “ceneri e fumo” la determinazione che mai più dovranno esserci racconti di nonni di questo tipo. A Natlaia, per la sua esuberanza, per il suo entusiasmo, raccomandiamo di continuare a regalarci pagine indimenticabili.  

                                                          Ermanno Arcuri