A ROGLIANO “POESIA AL PARCO” UN SUCCESSO PER LA TENUTA BOCCHINERI

A ROGLIANO “POESIA AL PARCO” UN SUCCESSO PER LA TENUTA BOCCHINERI

Un tentativo ben riuscito quello messo a segno dalla Tenuta Bocchineri del dott. Carmine Altomare e dell’Associazione Intercomunale “La Città del Crati”, che opera sul territorio per promuovere ogni aspetto culturale. Il successo dell’evento è frutto di tanto lavoro e molti fattori che in questo pezzo si cercherà di mettere a fuoco grazie ai personaggi che sono intervenuti, ognuno ha portato la novità del proprio sapere e soprattutto regalando una performance non abituale ai reading poetici. I fattori scatenanti e trainanti sono stati due in particolare: la partecipazione qualificata e la costanza di alcuni indomiti amanti della poesia declamata nel verde, un ambiente sano ed incontaminato che ha richiamato al relax. Infatti, la giornata dedicata alla natura ha portato tanta riflessione, la poesia è servita per promuovere l’ambiente che non è stato solo cornice degli stessi protagonisti, ma anch’esso ha dimostrato di essere parte integrante del successo di cui si parlava prima. Mario Maio, è un poeta che è andato oltre la performance richiesta, perché ha talmente vissuto la giornata al parco, iniziando a scrivere una riflessione che diventa poesia dedicata proprio alla Tenuta Bocchineri. Con questa sua bellissima silloge si è conclusa una giornata che per i meno frettolosi resterà storica. Proprio per questo l’ispirazione a raccontare ai nostri lettori ciò che è avvenuto lo scorso 6 luglio. Altra sottolineatura è per Lucia Longo, va esplorato l’entusiasmo di quest’artista che non si è limitata al suo intervento del libro magico che porta con sé in una valigetta, ma ha seguito con grande partecipazione e trasporto tutti gli interventi, sempre attenta sul pezzo con un sorriso gioioso per le declamazioni dei colleghi. In serata ha postato sui social una frase che testimonia la sua felicità a partecipare a questo tipo di incontri affascinanti e stimolanti. Il critico letterario, poeta e scrittore, Eugenio Maria Gallo, ha espressamente chiesto all’artista-poeta di preparare qualcosa ancora più incisivo per la prossima edizione, segno che Lucia è passata sotto la lente d’ingrandimento della cultura superando a pieni voti ogni parametro di discussione. Il suo vernacolo, come quello di tanti altri intervenuti è stato fondamentale per rendere una giornata esclusiva e probabilmente irripetibile sotto certi aspetti. Infatti, l’uomo di cultura Gallo nella sua interpretazione è stato da apripista alla stessa giornata in cui la bellezza ha prevalso così come il bene sul male. Tanta bella gente ha reso l’evento un magico evento, ad iniziare dalla madrina, la manager Simona Lo Bianco, che nella parte espositiva inziale ha elencato con professionalità come oggi si vive l’Altopiano Silano con oltre 40 mila visitatori concentrati in pochi mesi, anzi, ha invitato tutti a partecipare agli eventi presso gli alberi monumentali e trovare un metodo di scambio salutare tra natura e cultura. Se oggi la Sila è invasa da suoni che si mescolano con il linguaggio degli alberi è opera di questa giovane che sta insegnando con nuovi metodi a far vivere la Sila tutto l’anno. Che le piante parlano tra loro l’ha ricordato lo stesso Gallo, che ha partecipato ed intervistato chi è riuscito a codificare il linguaggio, anche quell’occasione si è rivelata foriera di espansione della propria conoscenza. In questo caso il poeta dei suoni è stato Maio che come sempre vive l’evento dall’inizio alla fine. Ad accogliere i poeti il titolare della tenuta, Carmine Altomare, che ha fatto anche da guida durante il percorso delle postazioni che sono diventate palcoscenici in mezzo alla natura, ad iniziare la strada del successo giornaliero è stata la Lo Bianco che è mastra di successo che è rimasta colpita da tanta bellezza e della quercia monumentale dichiarata dal Ministero dell’Ambiente. Di questa pianta meravigliosa ha dato notizia l’agronomo botanico Franco Toteda, che nella sua esposizione è riuscito a catapultare l’animo dei presenti in quello delle piante che hanno rappresentato il vero pubblico durante la giornata. Avrei voluto intervistare una pianta qualsiasi per sapere quale performance è piaciuta di più, sono sicuro avrebbe risposto quella che più ha toccato la sensibilità dei suoni. E così sempre sul pezzo Toteda ci spiega la famiglia Quercus, ai comuni mortali sembrano tutte querce ed invece hanno la loro classificazione dividendosi in leccio, quercia farina, rovere, farneto, dei Pirinei, il cerro, spinosa o coccifera e questo mentre il poeta del mare, Francesco Fiore, ha regalato alcune perle portando la mente oltre oceano in luoghi sconosciuti. La sua poesia è in grado di alimentare la fantasia, perché il mare ha questo pregio e cioè andare oltre le stesse onde. Profonde le poesie di Marisa Luberto, argomenti di vita vissuta, lei poeta del quaderno, scrive su fogli i suoi momenti d’ispirazione, ci ha fornito elementi di riflessione da portare con noi e che non si limitano né si esauriscono al momento del suo intervento. Ma a battezzare l’evento è stato il preside emerito e presidente onorario dell’associazione “La Città del Crati”, Luigi Aiello, che ha introdotto un tema fondamentale che è quello della donna poeta, riconducendo ad una fanciulla, Christine de Pizan, la prima donna scrittrice di professione riconosciuta in Europa che nacque a Venezia intorno al 1365, suo padre era Tommaso da Pizzano originario di Bologna. Un percorso che le donne oggi stanno ampliando e lo dimostra l’interpretazione sia di Barbara Di Francia che di Pina Oliveti. Entrambe donne che amano la cultura perché sono autrici di libri, ma nello stesso tempo diventano organizzatrici di altrettanti eventi culturali. Se per la loro poesia sono state apprezzate, quella del vernacolare, Angelo Canino, ha deliziato per i ricordi di un tempo che fu, che la nostra generazione ha vissuto e che il poeta cerca con ogni mezzo di tramandare ai giovani per capire un mondo che non esiste più, ma che era ricco di valori così impregnati nell’esistenza che i ragazzi di oggi stentato a far proprio l’essenza di quel periodo in cui si stava peggio mentre si stava meglio. Canino scrive sui social che è stata un’esperienza indimenticabile dove giornalismo, cultura e folclore si sono fusi per insignire la giornata da particolare a meravigliosa. Badate cari lettori, ognuno di questi artisti di versi si presenta con il proprio “personalismo” ma sanno come trasmettere emozioni e queste alimentano la linfa per migliorare la qualità della vita. Sono questi gli aspetti più genuini da cogliere che arricchiscono interiormente e probabilmente è proprio questo il messaggio che si proponeva l’evento appena passato a far conoscere le bellezze del parco come la casetta sull’albero che tutti hanno voluto visitare e farsi fotografare. Sono molteplici gli aspetti che hanno reso una giornata meravigliosa e spettacolare, come la poesia allegra e spensierata dialettale di Tonino De Marco, che ha riportato in auge l’ascolto che in una giornata ci sta un po’ di appannamento dovuto al caldo intenso, ma che il cielo azzurro ha colorato d’immenso e i profumi della tenuta hanno garantito per tutto il tempo. Il De Marco è tumultuoso, funambolico, avrebbe voluto declamare altre poesie, tanto era la sua complicità con lo stesso evento che ha molto gradito attendendo il suo turno con sportività e sempre con il sorriso. E’ dura cari lettori, è durata dover scrivere in un unico pezzo di tanti artisti famosi che rendono il nostro territorio ricco di eccellenze che il più delle volte non si conoscono fino in fondo e queste iniziative rendono cristalline le personalità scelte con cura a rappresentare la cultura di Calabria. Ecco lo sforzo mattutino dopo aver riposato dalla lunga giornata, mettere a fuoco gli elementi che hanno decretato il successo che Domenico Tucci ha immortalato con la sua telecamera, un sacrificio di molte ore di filmato ma che resteranno nella storia di Rogliano e della Tenuta Bocchineri, probabilmente della cultura calabrese. La presenza istituzionale non è da meno per aumentare l’entità dell’evento, l’assessore Antonio Simarco, si è amalgamato al punto da diventare lui stesso testimone di ogni momento vissuto con fotografie che ci riconducono allo stile del suo intervento in cui le istituzioni non sono amorfe, ma vivono intensamente in comune accordo con chi opera sul territorio in forma di volontariato amando principalmente la splendida frase del presidente degli Stati Uniti, l’indimenticabile democratico John Fitzgerald Kennedy durante la sua visita in Germani: “Ich bin ein Berliner” che tradotta in italiano significa “Io sono un berlinese”, che divenne una delle più note e iconiche della breve presidenza. Frase pronunciata il 26 giugno del 1963 a Berlino Ovest. Scusate se ho preso ad esempio qualcosa di maestoso per dire che il 6 luglio del 2024 tutti i presenti a “Poesia al parco” ci siamo sentiti roglianesi. Servono anche a questo gli appuntamenti, perché intrisi di valori che è difficile esternare compiutamente. Ma il nostro elenco non è finito certo qui, Carmine Meringolo detto Gino, ha richiamato l’attenzione su aspetti spirituali e sociali che in pochi erano a conoscenza, sono anche questi argomenti di spessore a rendere il successo come si suol dire di critica e di pubblico. Mai sottovalutare ciò che è materia che stimola l’intelletto umano, non ci sono solo momenti frivoli di puro divertimento. Gli appunti che Gino ha preso durante la giornata sono serviti proprio a mettere a fuoco ciò che ognuno di noi è riuscito ad esprimere e questa fase di analisi non è cosa da poco se con calma si riflette sull’intervento di alta scuola. Il giornalista Enzo Baffa Trasci nella sua sintesi professionale ha contribuito con la lettura di un messaggio che ho trovato e che abbiamo trovato inerente non solo alla giornata che stavamo vivendo ma al servizio della propria vita. La perfezione giunge con Cesare Reda, poeta in vernacolo, autore di libri religiosi, persona di infinito affidamento che ha omaggiato della sua poesia incorniciata la Tenuta Bocchineri. Resterà simbolo si questa lunga giornata interpretativa di cui umilmente sto cercando di raccontare ai lettori che mi seguono e agli stessi protagonisti che leggeranno e approfondiranno il valore del proprio contributo. Come tutte le cose il massimo si raggiunge solo dopo che non si faranno più e resteranno indelebili ricordi. Chi più chi meno, tutti si sono impregnati ad espletare un sapere che non è solo personale, ma viene concesso agli altri che recepiscono anche nei momenti di stanca, ciò che risulta affaticamento domani diventerà racconto, probabilmente infiocchettandolo di altre considerazioni che sfuggono allo scrivente, ma pur sempre qualcosa di unico. E’ come dire a sé stesso: “perché non ho dedicato più tempo a mio padre o a mia madre”, lo si capisce solo dopo e così succede anche per gli eventi che nel ricordo diventano devastanti per l’esistenza. A questo punto è d’obbligo segnalare l’attaccamento a questi eventi culturali il poeta e scrittore Ernesto Littera. Nella sua performance anche una poesia dedicata a Jole Santelli, ciò dimostra la sensibilità di una personalità attenta agli eventi quotidiani a quella vita sociale che tutti ci appelliamo per capirne i contorni e le sfumature. Nella silloge di Littera si colgono non solo questi aspetti che rispecchiano nella pazienza di ascoltare tutto ciò che hanno da dire gli altri. Lo storico Michele Chiodo ci ha riportato ai fratelli Bandiera. Ha raccontato della loro storia e della fucilazione svelando inedite notizie. La storia a volte può essere pesante e noiosa se affrontata con lo spirito stanco, ma se si illumina la fiammella della curiosità è opportuno affidarsi a gente comunemente chiamata “topo di biblioteca”, perché sono gli illuminati ricercatori che ci trasmettono la loro paziente ricerca e che sintetizzano nelle loro opere pubblicate. Penso che, come il giorno vissuto, anche il lettore giunto sino a questo punto ne subisce la stanchezza, ma che vorrei risolvere galvanizzando l’interesse con le ultime frecce al mio arco attingendo a due persone che hanno attratto l’attenzione di tutti. Il primo è padre Casimiro, che ha ipnotizzato l’intera platea raccontando di San Franceso di Paola, entrando nella spiritualità più profonda del taumaturgo, non limitandosi alla scolarità alla quale siamo abituati, mea rendendo reale l’operato del santo che anticipava i tempi e dimostrando, il frate dell’Ordine dei Minimi, come ancora oggi è attuale il percorso di vita del paolano che dovrebbe insegnarci più di una semplice messa alla quale si partecipa. Chiude il cerchio Giuseppe Scalzo detto Pino. Imprenditore di prodotti tipici e cultore dei briganti. Il suo stesso abbigliamento ha costituito motivo per tanti scatti, quasi tutti hanno voluto mettersi in posa con chi con archibugio in mano ha voluto raccontare chi fossero veramente i briganti. Non dei banditi ma dei patrioti. Grazie ai suoi prodotti tipici e all’insuperabile pranzo al sacco con tutti ad aver contribuito ad un momento conviviale, anche questo da incorniciare per la bontà e le delizie di una tavola imbandita come si usava una volta in Calabria, ricca di tante portate dal gustoso e morbido sapore della ricchezza che la nostra terra produce e che sapienti mani riescono a trasformare. Anche questi momenti sono motivi di scambio di opinioni e di interessi, di socializzazione che è alla base dello stare assieme e rendere un evento singolare, raro, prezioso e straordinario. Se sarà ripetibile spetta a chi è stato testimone, è un po’ come l’autore che scrive le sue poesie ma che se pubblicate diventano proprietà di tutti. Ho conservato per ultimo un caro ed affettuoso amico, Vincenzo Greco, anche lui poeta dialettale, ma ciò che più ammiro in questa persona è la capacità di affrontare chilometri pur di rendere sempre attuale la poesia del papà, Ferruccio Greco, indimenticabile poeta con straordinaria capacità interpretativa. Così ha fatto il nostro Vincenzo e l’affetto per suo padre è cordone che ci lega in una profonda amicizia che ha sollecitato in me e nel nostro gruppo di intitolare una sezione permanente in vernacolo a Ferruccio Greco, inserito nel Premio Letterario e delle Arti che da più di un decennio viene prodotto. Concludo con questa chicca di una giornata che nel suo complesso e come giusto che sia ha avuto momenti esaltanti ed altri meno, ma che la discreta mano amatoriale di Franco Berardi e della sua Canon ha seguito passo passo ogni secondo. Perché di questa giornata deve essere ricordata integralmente partendo proprio dai secondi, poi i minuti e le ore che portano gli organizzatori a dire “GRAZIE A TUTTI”, a questo popolo di amanti della cultura che conoscono i meccanismi per rendere incredibile ed indescrivibile ciò che ho cercato nel mio piccolo, da cronista, di descrivere. Meglio un giorno come questo o tanti in casa?    

Ermanno Arcuri