Questa foto ritrae il momento finale di una brillante commedia in lingua arbëreshe realizzata e messa in scena con la sua compagnia teatrale dall'amico prof. Vincenzo Bruno di Civita: "nusja merikane / la sposa americana" che, in una serata agostana di un anno fa, ho avuto modo di vedere ed apprezzare proprio a Civita. Autore di teatro di atti unici in lingua italiana o arbërishët, le commedie di Bruno contengono il testo italiano a fronte. Molte di queste vengono rappresentate nelle scuole da giovani e adulti, organizzati in compagnie teatrali non professionali. Secondo opinione di tutti, Vincenzo Bruno è uno dei più brillanti autori contemporanei di commedie "nostrane" e non solo. Definirlo, quindi, "il Molière arbëresh" non è assolutamente azzardato, è una considerazione del tutto logica e normale ... Vincenzo Bruno, già docente di materie classiche nella sua carriera letteraria, non ha scritto solo commedie, ha pubblicato nella sua qualità di attivo condirettore della storica rivista Katundi ynë, testi e contributi di storia, di politica culturale, di didattica, di letteratura, di critica letteraria e di cronaca. Ha curato l’allestimento del “Museo Etnico Arbëresh”, sorto a Civita nel 1989 e si è reso sempre disponibile, da volontario, per la sua gestione. E ancora in doppia lingua ha pubblicato un’antologia di testi poetici, tre raccolte di favole “nuove” ovvero originali, quattro sillogi di racconti e storie per lo più ispirati allo spirito del “locus”, o ambientati nel paese d’origine. Tre sono i suoi romanzi in italiano, otto raccolte di novelle redatte nello stesso idioma. Ha curato anche una monografia storica su Civita (3 volumi), una corposa silloge di aneddoti raccolti nel suo borgo (5 volumi), nonché diversi testi di ricerca ambientale, di carattere turistico e di didattica. Ha tradotto in italiano il libro: “La valigia strappata delle favole” di Visar Zhiti, scrittore albanese, contemporaneo. Ultimamente ho avuto l'onore di veder pubblicato una sua recensione sul libro "Festival della Canzone Arbëreshe". Un lavoro che sottopongo alla Vostra attenzione perché Vincenzo merita da parte mia, almeno, questo piccolo riconoscimento, grazie. _______________ Gennaro De Cicco, “Storia del Festival della Canzone Arbëreshe”, Apollo Edizioni, a cura dell'Amministrazione comunale di San Demetrio Corone di Vincenzo Bruno Nel secondo dopoguerra e più precisamente dagli anni sessanta del secolo scorso va registrata una “rinascenza” culturale nell’ambito dell’Arbëria; tale “Rilindja” ha poi preso vigore ed ha avuto una accelerazione soprattutto negli anni settanta del 1900. Io, allora giovane, sono stato uno tra coloro, i quali con entusiasmo e con giuste motivazioni hanno partecipato a quella epopea. Essa infatti è stata ricca di protagonisti e di personalità in diversi ambiti. Il mio coinvolgimento non solo morale nel movimento della ripresa culturale arbreshe forse giustifica oggi questo mio intervento. In quegli anni la “fenomenologia” dell’impegno intellettuale tra gli Arbreshë divenne sempre più diffusa ed incisiva. Ha prodotto vari pregevoli frutti : dalla diffusione e dal radicamento dell’associazionismo alla nascita di diversi organi di stampa e alla comparsa di nuovi mass media, dalla istituzione della cattedra di lingua e letteratura albanese presso l’Università della Calabria alle battaglie per una normativa legislativa a favore della nostra minoranza linguistica storica, dalla pubblicazione di numerosi studi ed indagini sociologiche alla fioritura di gruppi folkloristici legati alla lunga ed antica tradizione canora arbreshe. Altri esempi di ulteriori settori di impegno potrebbero essere ricordati. Ma non è questo lo scopo di questo mio scritto. L’avere fatto tali accenni a quella esplosione di nuovi fattori di crescita relativi al mondo arbresh è soltanto funzionale all’argomento, che qui mi coinvolge. La temperie culturale a cui accennavo ha costituito infatti l’humus, in cui tra tante variegate iniziative è sorto il Festival della Canzone Arbëreshe di San Demetrio, allora quasi miracolosamente apparso e poi subito cresciuto con successo. Ribadire l’importanza della rassegna canora di San Demetrio è scontato, perché essa ha dato voce ad una delle più tipiche espressioni della nostra cultura tradizionale, quella del canto. Il nostro popolo ha sempre cantato, rispettando i propri ritmi e rimanendo fedele alle sue armonie; … in ogni circostanza della vita la nostra gente nel corso dei secoli con il canto ha fornito ai sentimenti una modalità antica e naturale di esprimersi. Il ruolo, che a San Demetrio il concorso legato alle nuove produzioni artistiche canore è andato assumendo, segnerà un ulteriore tracciato aggiornato e produttivo alla voglia e all’obiettivo di continuare ad “esistere” delle nostre genti arbreshe. Per questo motivo poeti e compositori, musicisti e cantori, insomma artisti di tutta l’Arberia si sono messi in gioco in nome dell’arte della musica abbinata al canto e sono tutti confluiti annualmente al Festival, divenuto dunque dal 1980 un punto di riferimento ed un appuntamento da non perdere. Di sicuro non si sbaglia ad asserire che il Festival della Canzone Arbëreshe sia divenuto la più grande “festa” odierna d’Arberia, la quale ben si affianca alla Vallja, a sua volta la più riconosciuta ricorrenza storica della nostra comunità. Da allora il Festival non si è più fermato. Diamo merito all’idea ed al progetto conseguente dell’avvocato D’Amico; riconosciamo la sua perseveranza ed il suo spirito di iniziativa, senza dimenticare logicamente che egli stesso è stato suffragato ed affiancato da numerosi entusiastici collaboratori. Dopo quasi quaranta anni dalla nascita del Festival di San Demetrio Corone erano sentite come necessarie, opportune e pure desiderate …una riflessione ed una sintesi. L’apprezzabile volume “Storia del Festival della Canzone Arbëreshe” di Gennaro de Cicco rappresenta appunto il frutto del lavoro di raccolta antologica e di analisi critica, riguardanti un evento il quale è riuscito a coinvolgere indistintamente tutta le nostre Comunità lungo un lasso di tempo importante. Il libro è il punto d’arrivo di un itinerario, che non intende affatto interrompersi. Per cui la pubblicazione, qualora si voglia anche definire un momento di un riepilogo, diventa altresì un utile supporto al progetto di una maggiore qualificazione ed articolazione future dell’evento. L’opera editoriale che riguarda la vita del Festival della Canzone Arbëreshe dovrà diventare quindi una occasione da cogliere per rinfocolare una moderna progettualità e un intraprendente spirito di impresa. Considerando ciò che è stato fatto e ciò che è stato prodotto si potrà tendere alla ulteriore crescita dell’evento e si potrà proporre obiettivi ancora più appaganti per i nostri artisti e soprattutto per l’Arberia. Il libro sulla “Storia del Festival della Canzone Arbëreshe” è stato curato da Gennaro De Cicco, giornalista pubblicista e presentatore storico del Festival di San Demetrio. Egli ha dato anima e respiro alla rassegna, ha regalato tempo e forze all’evento. L’autore ci ha consegnato un lavoro editoriale importante: questa sua opera fondamentale deriva da un impegno ammirevole, che è stato suffragato in modo opportuno ed in maniera lungimirante dal Comitato Storico del Festival, nonché dall’Amministrazione Comunale di San Demetrio. Credo sia utile accennare rapidamente alla struttura del volume. Il libro si avvale di una lunga ed interessante presentazione del prof. Francesco Altimari. Il docente dell’ Unical impreziosisce l’opera mediante considerazioni che spaziano dall’esegesi dei testi alla indagine sulla realtà attuale della lingua arbreshe, senza trascurare di rapportarsi con l’esperienza socio politica che negli ultimi anni ha caratterizzato l’Arberia, tracciandone inoltre un bilancio con profondità di scavo. Altrettanto utile e funzionale è la presentazione dell’autore. Gennaro De Cicco ripercorre la storia del Festival, mentre trasuda dalle sue parole intensamente la passione e la partecipazione che egli ha profuso nell’accompagnare e nel guidare le vicende della storica rassegna canora, la quale è divenuta progressivamente un rendez-vous immancabile nel calendario dei fatti e degli eventi più rilevanti del mondo arbresh contemporaneo. Seguono sempre in premessa le testimonianze di Sonia Gradilone, assessore presso il comune di San Demetrio, e di Ernesto Iannuzzi, cantautore. I due interventi appaiono emotivamente coinvolgenti, ma pure concreti nel procedere dei loro pensieri. Il corpus dell’opera prende avvio prima con “l’albo d’oro”, che elenca tutte le canzoni vincitrici fino all’edizione del 2018, e poi con la registrazione anche essa annuale dei testi gratificati dal Premio della critica “Giuseppe D’Amico”. Inizia quindi la teoria della presentazione storicizzata di ciascuna edizione. Per ogni singolo anno viene seguito uno schema, che prevede con puntualità : la sintetica cronaca dell’evento; la classifica delle prime tre canzoni vincitrici con i relativi autori ed esecutori; la pubblicazione dei testi arbreshë fronteggiati dalla versione in lingua italiana; l’elenco di tutte le canzoni partecipanti con i loro dati esplicativi; infine una sintetica rassegna stampa che riporta certi saggi del riscontro e/o dell’eco sui mass media riguardo l’avvenimento del Festival, della sua funzione e delle sue peculiarità artistiche. Per ultimo ricordiamo che il cuore del corposo volume è stato arricchito ed impreziosito da una galleria di immagini fotografiche, le quali ci riportano alla magia delle serate della rassegna canora, regalandoci quasi l’illusione di percepire le melodie dei canti, i quali volano liberi nell’aria a celebrare una delle più specifiche essenze “dell’arbreshità”. Procedere ora con alcune brevissime riflessioni esegetiche forse sarebbe doveroso. Premetto che la mancanza di competenze sulla musica mi inibisce nell’esprimermi in tale ambito specifico. Altri dotati di strumenti adeguati potranno dare giudizi opportuni, anche se rilievi tecnici interessanti possono essere riscontrati già in alcune testimonianze di esperti, che nella rassegna stampa del libro vengono proposte a corredo e a margine di ciascuna edizione del Festival. Per ciò che riguarda la valenza dei testi si può affermare che molti di essi siano certamente di buon livello letterario. Alcuni di essi si distinguono per una istintiva freschezza lirica, altri per una sensibilità poetica impegnata. Si notano almeno due caratteristiche specifiche e abbastanza comuni alle canzoni: per quanto riguarda l’ispirazione il riferimento spiccato alla tradizione soprattutto nell’utilizzo di immagini e di metafore proprie della nostra letteratura sia popolare che colta; e quindi una aderenza ai tempi correnti mediante un aggancio all’attualità dei contenuti che si riscontrano volta per volta nei testi. Non manca il tema di sempre : cioè l’amore, il sentimento eterno che vivifica la vita dell’uomo. Non mancano i temi dell’oggi : per esempio le nuove migrazioni che determinano esodi ripetuti e già conosciuti, la guerra con i suoi risvolti tragici, l’emarginazione sociale e il dramma della disoccupazione, il problema della fugacità attuale della cultura e della lingua arbreshe. Anche per quanto concerne il lessico delle canzoni va sottolineato lo sforzo e insieme la finalità di valorizzare la lingua parlata delle nostre Comunità: l’idioma antico e storico inevitabilmente si evolve per effetto delle leggi naturali della linguistica, essendo la lingua stessa equiparata ad un organismo vivo, dunque in continua evoluzione e in simbiotica mutazione per effetto dell’ambiente circostante e spesso ormai dominante. Ma c’e un aspetto che ci potrebbe fare ben sperare : il confronto ed il confluire di così numerosi scritti nell’agone del Festival forse potrebbero favorire una “koinè linguistica” e una nuova “rilindja” culturale all’interno della nostra odierna società globalizzata, la quale se per un verso sembra voler fagocitare le minoranze dall’altro verso avverte il bisogno delle diversità come lievito di vita. Il libro, che è nato dunque per ricordare i capitoli significativi della Storia del Festival della Canzone Arbëreshe, non assolve solamente a questa funzione. Esso conferma, qualora ce ne fosse bisogno, e mette in rilievo la creatività artistica del popolo arbresh : la quale creatività con determinazione e con coraggio persegue ed aggiorna una già pregevole realtà sia letteraria che canora, che ci è sempre appartenuta. Il volume, di cui parliamo, dà poi sia al lettore occasionale che al ricercatore ed allo studioso il riscontro concreto del successo popolare della manifestazione canora di San Demetrio, essendosi essa radicata con forza nel tessuto sociale delle Comunità arbreshe. La partecipazione all’evento e l’affermazione di numerosissimi artisti, provenienti da quasi tutti i paesi della nostra minoranza linguistica storica ha donato agli stessi soddisfazioni, ma quel che più conta ha guadagnato una visibilità inattesa e doverosa per l’intera Arberia. Il Festival della Canzone Arbëreshe, che ha trovato una pregevole sintesi nella pubblicazione patrocinata dall’Amministrazione di San Demetrio, fornisce la prova di come la nostra Arberia sia in grado di produrre beni culturali, i quali possano con dignità e con qualità inserirsi nei circuiti artistici della Nazione italiana. Il libro ribadisce pertanto la vitalità degli Arbreshë. Tale spirito, che resta creativo ed innovativo nei diversi ambiti della vita della nostra minoranza storica, oggi e più che mai per il futuro al fine di adempiere al suo ruolo ha necessità della propria connaturata genialità, per fortuna non inaridita; … però dovrà altresì augurarsi un supporto concreto da parte degli Organismi politici ad ogni livello istituzionale. Ciò a causa delle carenze strutturali sociali ed economiche, che continuano a perdurare nei nostri paesi e che continuano a penalizzare o a mettere in pericolo l’esistenza stessa della nostra minoranza linguistica storica. Per questa battaglia antica ben vengano pubblicazioni come la “Storia del Festival della Canzone Arbëreshe”. Della cui esistenza dobbiamo ringraziare operatori culturali come Gennaro De Cicco, instancabile e geniale nella sua attività culturale. L’Arberia di essi e di lui è fiera ed orgogliosa. Gennaro De Cicco

