OZONO E NON SOLO, CONOSCIAMO MEGLIO LE EPIDEMIE NELLA STORIA DELL’UOMO

La situazione non è ancora sotto controllo. Si preannuncia un lungo periodo da trascorrere con le mascherine, rapporti completamente differenti a quelli di prima. Nella speranza di ritornare a mangiare una pizza con gli amici, ad andare al bar a prendere un aperitivo o fare una gita in pullman, tutte cose precluse in questo momento e chissà se mai sarà più possibile, per combattere il coronavirus c’è anche l’ozono-terapia nel trattamento dei malati. Iniziamo quest’articolo con qualcosa di veramente interessante, ci stiamo facendo tutti una cultura su queste cose, ma penso sia opportuno documentarci e saperne di più. Ovviamente per intrattenere i nostri cari lettori vi parlerò anche della scelta di come è possibile trascorrere queste lunghissime giornate. Federico Garau su “il Giornale.it” scrive che la nuova speranza contro il coronavirus è l’ozone.terapia: il trattamento fu utilizzato, con buoni risultati, sui pazienti affetti dalla Sars. Scrive il collega: “Nuova speranza per combattere il Coronavirus. Dopo i farmaci Tocilizumab, Plaquenil (derivato della clorochina) ed Avigan (Favipiravir), già in via di sperimentazione in molti ospedali italiani, si comincia anche a parlare dell'utilizzo della ozono-terapia. A parlare dell'efficacia della terapia il suo stesso scopritore, il dottor Marianno Franzini, presidente della Sioot (Società scientifica di ossigeno-ozono terapia). Di origini bergamasche, Franzini si è subito messo a disposizione per testare la cura sui tanti pazienti che adesso stanno combattendo contro la malattia, ricordando che questa aveva già dato buoni risultati quando in passato fu utilizzata per contrastare gli effetti della Sars, quando scoppiò nel 2002. L’ozono inattiva i virus e li distrugge fisicamente. L’appello SIOOT per limitare la diffusione del coronavirus.  “I pazienti cronici e anziani che si sottopongono ad ozonoterapia sono più resistenti alle infezioni. É già stato ampiamente dimostrato che l’ozono, normalmente prodotto dai nostri globuli bianchi, svolge contemporaneamente un’azione antinfiammatoria, antibatterica e virustatica; aumenta l’attività mitocondriale, migliora la funzionalità del microcircolo e l’ossigenazione tissutale. L’ozono uccide gli organismi parassitari per lisi cellulare attaccandone con meccanismo ossidativo le membrane protettive, senza lasciare residui chimici. I virus prima vengono inattivati e poi fisicamente distrutti. Le persone colpite da influenza, nell’eventualità di difficoltà respiratorie, febbre e polmonite, dovrebbero al più presto essere trattate quotidianamente secondo il protocollo SIOOT di ossigeno ozono, senza interrompere le terapie in atto. La previsione di trattamento delle polmoniti va da un minimo di 4 a un massimo di 8 giorni. È necessario igienizzare gli ambienti tramite l’immissione nell’aria di dosi di ozono. Se non vi è presenza di persone, le dosi devono essere più alte e immesse per un breve periodo di tempo. In presenza di pazienti, le dosi di ozono devono essere più basse e prolungate. Inoltre si riduce il rischio di contaminazione operando attraverso la sterilizzazione delle merci in ingresso e in uscita, nonché procedendo con la sanificazione di ambienti ad alta affluenza (quali aeroporti, stazione e uffici)”. In studio sono tanti i laboratori che mettono in campo la migliore professionalità scientifica in tutto il mondo per dare una svolta significativa alla pandemia che uccide non solo le persone colpite, ma le economie degli Stati e per questo i poveri aumentano e la forbice si allarga sempre più in basso con tanti che non avendo più nulla ogni giorno è uno guadagnato. Prima del coronavirus i titoloni erano tutti per l’inquinamento che ci sta rovinando la salute. Non è più solo un’ipotesi, ma una certezza: l’aria inquinata danneggia polmoni, cuore e, attraverso il sangue, tutto l’organismo, compreso il cervello. A rischio sono soprattutto le persone che vivono nelle aree urbane del mondo, in particolare gli anziani e i bambini. Ci sembra così lontana questa notizia che paragonata al virus omicida ce ne dimentichiamo del tutto, ma per programmare un mondo migliore questi aspetti non bisogna minimizzarli, così come i comportamenti della gente, basta con il mercato con animali vivi macellati sul posto come a Wuhan dove tutto è iniziato. L’uomo combatte la battaglia con le epidemie, batteri o virus portatori di malattie, antica quanto la storia dato che questi microrganismi abitano da sempre con noi sul pianeta. “Spesso ne siamo usciti vincitori – afferma il filosofo della scienza Stefano Moriggi anche se a caro prezzo” e ce ne stiamo accorgendo purtroppo. Stefano Moriggi, professore all’Università Bocconi di Milano aggiunge: “Al di là dei successi della ricerca bio-medica, questa convivenza è anche una questione culturale. Il mondo si è “globalizzato” attraverso l’evoluzione dei mezzi di comunicazione. E l’inizio di questo processo non è un fatto così recente. Virus e batteri hanno sempre viaggiato con le merci e gli esseri umani e sempre più si diffondono con logiche analoghe a quelle delle informazioni”. E’ una dichiarazione rilasciata su Airone, la mente va al vaiolo, terrore fra le popolazioni Si diffuse durante l’Alto Medioevo nel mondo arabo e da qui nel Nord Africa e in Spagna. Nel XVI secolo giunse nel Nuovo mondo portato dai Conquistadores. La peste, meglio conosciuta come morte nera, è stata la prima arma batteriologica della storia. Nel 1347, i Tartari stavano assediando Caffa, scalo commerciale di Genova in Crimea, ma il loro esercito fu sconvolto da un’epidemia di peste. Il khan Ganibek usò i corpi dei soldati morti per espugnare la città, catapultandoli oltre le mura. I marinai genovesi, scappando da Caffa, portarono la peste nei porti del Mediterraneo e da lì la malattia si diffuse in tutta Europa, tornando a cicli di 10-12 anni per i successivi 3 secoli. Il colera che ha origine da acqua e cibi contaminati, nel XIX secolo la malattia si diffuse più volte dalla sua area originaria attorno al delta del Gange (India) verso il resto del mondo, dando origine a sei pandemie che uccisero milioni di persone. Il colera è un’infezione diarroica acuta causata dal batterio Vibrio cholerae. La Spagnola nel 1920 è stata la peggiore influenza di sempre. Circa un terzo della popolazione mondiale fu colpito dalla Spagnola durante la pandemia del 1918-1919. Le ipotesi sull’origine dell’infezione sono diverse, per molti il virus partì dalla Cina, subì una mutazione negli USA e poi si diffuse in Europa dalla Francia. La Spagna, che non partecipava alla Prima Guerra mondiale, fu il primo Paese a parlarne sui propri giornali che non erano soggetti alla censura di guerra: ecco perché è stata chiamata Spagnola. Ma non finisce qui, perché poi c’è l’asiatica, i più colpiti furono gli anziani. Dopo la Spagnola del 1918, l’influenza ritornò al suo andamento abituale fino al 1957, quando si sviluppò la nuova pandemia: l’Asiatica. Il virus, di origine aviaria (dagli uccelli, serbatoio del patogeno) e isolato in Cina, fu studiato nei laboratori di Melbourne, Londra e Washington e si capì che si trattava di un ceppo differente da quelli fino ad allora isolati negli uomini. Il virus dell’Asiatica scomparve dopo soli 11 anni perché mutò nel sottotipo A/H3N2, che causò l’influenza di Hong Kong. Quest’ultima, fu la stampa europea a dare l’allarme nel 1968: il Times di Londra pubblicò la notizia di una nuova grande epidemia di influenza a Hong Kong, a soli 11 anni dalla precedente. Il virus (identificato come H3N2) fu poi introdotto nella costa occidentale degli USA con elevati tassi di letalità, contrariamente all’Europa dove l’epidemia, nel 1968–1969, non causò molte vittime. Data la somiglianza con quello dell’influenza asiatica, da cui differiva per una sola mutazione genetica il virus probabilmente trovò una popolazione più preparata, dal punto di vista immunitario, ad affrontarlo: molti avevano sviluppato gli anticorpi dopo la precedente epidemia e per questo la Hong Kong fu la meno letale delle pandemie del XX secolo. Per ricostruire le pandemie la ricerca è continuata per dare a voi lettori la possibilità di passare il tempo documentandovi, ma, soprattutto, con la consapevolezza che l’uomo nonostante i milioni di morti, è riuscito sempre ad andare avanti a non scomparire come specie sul pianeta. Sicuramente una speranza in più per tuti noi. Alla fine del 1980, Michael Gottlieb, ricercatore dell'Università della California, si imbatte in un giovane paziente ammalato di polmonite da Pneumocystis carinii, un protozoo che colpisce chi ha un sistema immunitario indebolito. Gottlieb scopre poi altri tre casi, tutti omosessuali attivi, con un basso livello di linfociti T (cellule del sistema immunitario). Nel 1981 i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta (USA) segnalano un aumento di polmoniti da Pneu mocystis carinii in giovani omosessuali, ma anche di un raro tumore dei vasi sanguigni, il sarcoma di Kaposi. Si pensa a una malattia che colpisce solo gli omosessuali. Ma arrivano i primi casi tra gli eterosessuali. La si chiama “sindrome da immuno-deficienza acquisita”, AIDS (sindrome perché si manifesta con patologie diverse). La trasmissione avviene anche da trasfusione di sangue infetto e per via maternofetale. Si trasmette con rapporti sessuali (sperma, sangue, secrezioni), trasfusioni di sangue infetto, scambio di siringhe infette, da madre a figlio durante gravidanza, parto e allattamento al seno. Le persone colpite hanno un sistema immunitario meno efficace e, progredendo la malattia, sono via via più suscettibili a infezioni e tumori. Un medico italiano identificò e poi ne morì, Carlo urbani, La SARS o sindrome respiratoria acuta grave (in inglese Severe Acute Respiratory Syndrome) è una polmonite atipica causata dal coronavirus SARS-CoV. Apparve per la prima volta nel novembre 2002 a Guangzhou (Canton) in Cina e produsse un’epidemia che durò fino all’estate del 2003. L’epidemia si spense nel luglio 2003, dopo pochi mesi, grazie alle misure di contenimento (isolando i pazienti e mettendo in quarantena i contatti) e grazie anche al fatto che il virus, circa tre volte più letale dell’attuale SARS-CoV-2, non si propagava dai soggetti asintomatici. A nove anni dalla fine dell’epidemia di SARS, in Arabia Saudita e in alcune aree limitrofe fa la sua comparsa una nuova infezione: una polmonite virale aggravata da complicazioni intestinali e danni renali acuti. Viene chiamata MERS (Middle-East Respiratory Syndrome), Sindrome respiratoria mediorientale, e il patogeno che la causa è ancora una volta un coronaviMERS: il coronavirus finora più letale rus, il MERS-CoV che attacca non solo le cellule delle basse vie respiratorie, ma anche quelle dell’apparato intestinale e renale. Il serbatoio virale è sempre il pipistrello, ma gli ospiti intermedi in cui il virus è mutato per poi contagiare l’uomo sono i cammelli e i dromedari, animali molto integrati nella vita e nell’economia di quell’area geografica. La letalità è molto alta e sfiora il 35 per cento. Ancora in corso L’epidemia più grave di Ebola si sviluppò in Africa nel 2014. Molti pensarono a un complotto, cioè che il virus fosse stato creato in laboratorio per vendere la cura o per ridurre la popolazione globale. Invece il virus fu isolato per la prima volta nel 1976 presso il fiume Ebola, nella Repubblica Democratica del Congo, da cui prese il nome. La malattia (EVD) è molto grave e spesso fatale per l’uomo, con un tasso di letalità che va dal 25 al 90 per cento, a seconda della specie di ebolavirus. I sintomi iniziali sono febbre, dolori muscolari e mal di testa, che poi evolvono in diarrea, vomito, fino alle emorragie interne e a gravi danni multiorgano. L’ingresso del virus nelle comunità umane avviene attraverso il contatto con sangue, secrezioni, organi o altri fluidi corporei di animali infetti: scimpanzé, gorilla, pipistrelli della frutta, scimmie, antilopi e porcospini trovati malati o morti nella foresta pluviale. La trasmissione da uomo a uomo avviene poi per contatto diretto con organi, sangue e altri fluidi biologici (es saliva, urina, vomito) di soggetti infetti vivi o morti) o con ambienti contaminati. Si pensa che in Africa, dove si sono verificate le epidemie più gravi, le cerimonie di sepoltura e il diretto contatto con il cadavere dei defunti per il rito del lavaggio abbiano favorito la diffusione della malattia. Zika è un pericolo per donne in gravidanza. All’inizio di febbraio 2015, in Brasile, si notò un aumento nel numero di persone affette da sintomi similinfluenzali che guarivano spontaneamente. Le analisi riscontrarono la positività per il virus Zika, già noto perché isolato per la prima volta in Uganda nel 1947. Aumentarono anche i casi di microcefalia tra i nuovi nati, una malformazione congenita che causa una riduzione della circonferenza cranica e del volume cerebrale. L’infezione da virus Zika è trasmessa da zanzare infette di alcune specie del genere Aedes, tra cui Aedes aegypti (zanzara della febbre gialla) e Aedes albopictus, la zanzara tigre diffusa anche in Italia, che però lo trasmette in modo meno efficace. Chi è punto da una zanzara portatrice, e poi punto da una zanzara non infetta, può innescare una catena che dà origine a un focolaio endemico. Il contagio interumano è possibile attraverso i liquidi biologici (via sessuale, trasfusioni, passaggio maternofetale). Non esistono per ora né vaccini né terapie preventive. L’unica prevenzione è evitare di essere punti dalle zanzare vettore. “Sono più di 30 nel mondo i laboratori, di università o di aziende, che stanno studiando un vaccino per il nuovo coronavirus. Alcuni hanno già compiuto i test su animali e sono pronti per la sperimentazione sugli esseri umani. Ma un vaccino, per essere approvato, deve superare tutte le fasi di controllo (tossicità, dosaggi, efficacia) e gli esperti prevedono che non sarà pronto prima di un anno. Nel frattempo è più probabile che prima si trovino farmaci efficaci contro la polmonite causata dal virus. Gli scienziati sono al lavoro per produrre un vaccino efficace, ma per usarlo su larga scala sarà necessario attendere i lunghi tempi della sperimentazione. Nel frattempo occorre tenere la guardia alta, seguendo meticolosamente le regole di comportamento, nostro unico strumento di difesa”, così nel dossier di Barbara Merlo. Notizie che spero possano intrigare la vostra curiosità e che potete trovare con più approfondimento in modo esaustivo sul numero speciale di Airone di Aprile 2020, ne vale la pena e vi consigliamo l’acquisto non ve ne pentirete, il mensile costa appena euro 2,50.

Ermanno Arcuri