E DOPO?

E dopo? Questo si chiedono in tanti, se non tutti. Sì, perché c'è e ci sarà sempre un "dopo"! E, allora, come sarà il "dopo"? Sarà come in ogni dopoguerra. Si dovrà ricominciare e ripartire e, soprattutto, si dovrà rinnovare o, meglio, cambiare. E', infatti, certo che la "ricostruzione" non potrà essere avviata e realizzata con le stesse persone, con gli stessi equilibri e con gli stessi rapporti di forze nazionali e internazionali. Ogni ripartenza, in fondo, come insegna la Storia (e la Storia è e rimane sempre maestra di vita) esige un cambiamento di base, nuove alleanze e nuovi modelli di progettualità, modelli che, senz'altro, non possono albergare in coalizioni strategiche dagli equilibri precari e in categorie di pensiero che, alla prova dei fatti, si sono rivelate fragili e non in sintonia con la realtà e con la misura che essa stessa imponeva, sollecitava e suggeriva. E poi, come del resto è avvenuto in passato, il "dopo", in quanto espressione di tempi nuovi, esige uomini nuovi, preparati, lungimiranti e pronti a guardare, da un'ottica nuova, al futuro del Paese e dell'economia, un'ottica che richiede di esprimersi e di operare al di fuori di categorie, inseguite e adulate, che il tempo però ha superato e chiede di accantonare. Si fa presto a pensare che l'uomo abbia fallito e che, pertanto, sia destinato ad un ruolo di secondo piano. Avranno pure fallito gli uomini, ma non ha fallito l'uomo. "L'uomo è misura di tutte le cose -   diceva Protagora - di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono". E sono i figli di questo uomo che sapranno preparare il "dopo" e sapranno ricostruire. Ma in che senso l'uomo è misura? Non certo nel senso d'un metro capace di quantificare e di tradurre in numero grandezze e dimensioni delle cose, ma nel senso di pensare le cose e di analizzarle dalle varie sfaccettature. E pensare le cose significa dare loro consistenza e contezza, significa farle esistere e consistere. E saranno proprio gli uomini, figli di questo pensiero libero e aperto al dialogo e al confronto costruttivo, a progettare il "dopo" e a ricostruire. Saranno proprio questi uomini, figli dell'uomo misura- pensiero, a disegnare e a tracciare le linee del futuro e a creare le basi per una nuova umanità e per un nuovo mondo, l'una e l'altro frutto d'un nouS (pensiero) "meditante" e non d'un nouS "calcolante" o infarcito di "dottrina". Ma cosa bisogna fare in concreto? In primis salvare le vite umane e, quindi, in funzione del futuro, intervenire a sostegno delle imprese, perché è da esse che si dovrà ripartire. E per sostenere le imprese c'è bisogno di liquidità e a questo dovrebbe pensare l'Ue che, al momento, osserva e temporeggia mentre, invece, dovrebbe intervenire con immediatezza, perché è dall'imprenditoria che vengono lavoro e sviluppo. Tornano grate, in proposito, le parole del Renzo manzoniano che, davanti alle rovine del forno delle Grucce e al falò in cui bruciavano gli attrezzi per panificare, esclama tra sé: "Se conciano così tutti i forni dove vogliono fare il pane? Ne' pozzi?" E' questa una metafora che racchiude molto bene il senso dell'odierna realtà. Se si lascia che le imprese siano travolte da questa bufera e dalla crisi, chi creerà lavoro, produzione e sviluppo? E' questo un pensiero che mi tormenta tanto, in questi giorni. Questo è e deve essere il momento della solidarietà immediata e degli interventi concreti, non del cincischiamento e del temporeggiamento. E, allora, Commissioni e Commissari dell'Ue dove siete? Bisogna allargare subito i cordoni della borsa, senza se e senza ma e, soprattutto, senza rinvii. Si faccia presto: non possono nascere e crescere fiori in una aiuola senz'acqua e senza sole. Sapevo già che, alla fine, avremmo dovuto fare senza l'UE e, se così dovrà essere, sia. Il Popolo Italiano non ha paura, è un Popolo geniale, eccezionale e, nei momenti gravi, sa trovare e dimostrare una forza ed un impegno senza pari. Ce la faremo! Come ce l'abbiamo fatta in passato! "Sognai – scriveva il poeta Tagore – e vidi che la vita è gioia; mi destai e vidi che la vita è servizio. Servii, e vidi che nel servizio c'è la gioia". E, oggi, il servizio si chiama solidarietà, una solidarietà vera, sincera e disinteressata.

Eugenio Maria Gallo, Rogliano 2 Aprile 2020