CORONAVIRUS, COME SONO FATTE LE MASCHERINE E LE DIFFERENZE FRA CHIRURGICHE, FFP2 E FFP3

Da quelle fai-da-te a quelle destinate a medici e infermieri, ma anche le semi maschere di gomma con filtri intercambiabili

TiscaliNews

Mancano dappertutto e ognuno cerca di procurarsene come può o con il fai da te. C'è chi usa la carta da forno, chi le garze e la pellicola da cucina, chi sfodera addirittura la coppa del reggiseno mentre anche le sarte si danno da fare. Il web pullula di idee stravaganti e tutorial più o meno credibili per fare in casa le mascherine contro il coronavirus, ma per realizzare strumenti davvero utili bisogna rispettare certe indicazioni. Lo spiega Claudio Galbiati, presidente della sezione Safety di Assosistema, che in Confindustria rappresenta i produttori e distributori dei dispositivi di protezione individuale (Dpi).

Mascherine fai-da-te

Le mascherine fatte in casa "non ci proteggono dal coronavirus - afferma l'esperto - ma possono fungere da barriera verso l'esterno per evitare che chi le indossa diffonda il contagio: in un certo senso imitano le mascherine chirurgiche, ma hanno una funzionalità molto più limitata perché non aderiscono bene al volto e l'aria passa facilmente dai bordi esterni".

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Mascherine chirurgiche

Quelle chirurgiche sono formate da 2 o 3 strati di tessuto non tessuto (in fibre di poliestere o polipropilene) che filtrano l'aria in uscita e proteggono da schizzi di liquido, come la saliva emessa con tosse o starnuti. Allo stesso modo, prosegue Galbiati, "le mascherine fai-da-te dovrebbero avere uno strato impermeabile e più strati filtranti di tessuto non tessuto, fatti ad esempio con compresse di garza". Almeno la garza non dovrebbe essere difficile procurarsela.

Mascherine Ffp2 e Ffp3

Di efficacia ben diversa le mascherine Ffp2 e Ffp3 destinate al personale sanitario. "Sono realizzate con tre strati di tessuto non tessuto a diversa densità", precisa l'esperto. "Lo strato esterno protegge dallo sporco più grossolano, lo strato intermedio filtra mentre quello interno dà forma alla maschera e protegge il filtro dall'umidità del respiro". Lo strato filtrante "ha innanzitutto un effetto meccanico, perché rende tortuoso il passaggio dell'aria bloccando l'ingresso delle particelle più grosse, fino ai 10 micron di diametro; ma il suo vero segreto sta nell'avere una carica elettrostatica, che attrae e trattiene le particelle più piccole di 5 micron". La carica deve rimanere stabile nel tempo e in genere dura dai 3 ai 5 anni. "La mascherina comunque va sostituita dopo un certo tempo di utilizzo perché perde l'aderenza al volto", raccomanda Galbiati.

Le differenze fra Ffp2 e Ffp3

Le Ffp2 filtrano oltre il 92% delle particelle sospese nell'aria, mentre le Ffp3 arrivano a valori pari o superiori al 98%. "Esistono anche maschere Ffp2 e Ffp3 che hanno una valvola per facilitare l'espirazione: pensate per chi lavora nei cantieri, potrebbero essere pericolose se indossate da persone infette, perché non filtrano l'aria in uscita", sottolinea l'esperto.

Semi maschere di gomma con filtri intercambiabili

Capitolo a parte per le "semi-maschere fatte di gomma siliconica lavabile, su cui si possono montare filtri intercambiabili: efficaci quanto le tradizionali Ffp2 e Ffp3, hanno il vantaggio di essere riutilizzabili. Come associazione - conclude Galbiati - stiamo mettendo a punto un protocollo per disinfettare anche i filtri, con un'esposizione a 70 gradi per 30 minuti".

 

Coronavirus e mascherine, quando servono e chi dovrebbe usarle

Le risposte ai dubbi più frequenti

La pandemia di coronavirus Sars-Cov-2 (COVID-19) ha fatto sì che la tematica numero uno nei discorsi dell’uomo della strada sia quella riguardante i metodi di protezione e difesa individuale.

Se tutti, ormai, sanno perfettamente che è indispensabile lavarsi accuratamente le mani più volte al giorno, la questione riguardante l’utilizzo delle mascherine ingenera ancora delle -legittime- perplessità nella popolazione.

Facciamo dunque un po’ di chiarezza. Il sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, al riguardo, fornisce questi consigli:

Coronavirus, quando utilizzare una mascherina protettiva

1. Le persone in buona salute dovrebbero indossare una mascherina solo se devono prendersi cura di una persona con infezione, sospetta o accertata, da COVID-19

2. Indossate una mascherina se dovete tossire o starnutire

3. Le mascherine sono efficaci solo se ci si lava le mani spesso con soluzioni a base d’alcool oppure con sapone e acqua

4. Se indossate una mascherina dovete sapere come usarla e come smaltirla nel modo corretto

Il problema è: quale tipo di mascherina utilizzare? In commercio ne esistono diverse, alcune sono destinate all’utilizzo professionale. Quali sono le differenze tra l’uno e l’altro tipo?

Quali mascherine esistono in commercio?

Le mascherine sono classificate come DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) e sono regolate dalla norma europea UNIEN149, che le classifica in FFP1, FFP2 e FFP3, dove FF significa Semimaschera Filtrante.

Cominciamo dalle FFP3.

Questo tipo di mascherina ha un’efficienza filtrante del 98%, è dotato di una valvola di esalazione (serve a evitare la formazione di condensa, a non appannare gli occhiali e in genere ad avere un maggiore comfort), e deve essere utilizzate dagli operatori dei Reparti di Terapia Intensiva. Il motivo? Sono a contatto tutti i giorni con pazienti sicuramente contagiati.

Poi abbiamo le FFP2 con valvola di esalazione, che hanno un’efficienza filtrante del 92%, e devono essere utilizzate in particolar modo dai soccorritori, perché vengono a contatto con persone potenzialmente contagiate. Le FFP2 senza valvola di esalazione invece sono adatte in particolar modo a medici di famiglia e guardie mediche (per un breve contatto col paziente, altrimenti meglio usare la versione con valvola), oltre che alle forze dell’ordine, ma solo in caso di emergenza se devono aiutare i soccorritori, abbinandole a occhiali e guanti monouso.

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Le FFP1, chiamate anche (impropriamente) “antipolvere” hanno un’efficienza filtrante del 78% e sono paragonabili alle “chirurgiche”. Vanno bene per evitare che chi le indossa diffonda (se contagiato, anche se asintomatico) il virus all’esterno. Purtroppo non sono molto adatte a evitare il contagio da parte di altri, soprattutto perché non aderiscono molto bene al volto. Possono andar bene per chi lavora a contatto con malati – non contagiati dal Covid-19-, con persone immunodepresse (più soggette a infezioni), e per chi lavora con sconosciuti e categorie a rischio contagio.

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Come si indossano

L’OMS consiglia, prima di toccare la mascherina, di lavare accuratamente le mani con una soluzione idroalcoolica o con acqua e sapone. Nell’indossarla bisogna prenderla per l’elastico. E’ fondamentale, nel posizionarla, coprire bocca e naso e assicurarsi (per quanto ciò sia possibile) che non ci siano spazi vuoti tra il viso e la mascherina.

E’ indispensabile, durante l’utilizzo, evitare di toccare la mascherina. E se lo si fa inavvertitamente, lavatevi quanto prima le mani.

Attenzione: è assolutamente fondamentale indossarla e utilizzarla in modo corretto. Se la si tocca in continuazione o, peggio ancora, la si riutilizza, può essere a sua volta un veicolo di contagio.

Si possono lavare per riutilizzarle?

E’ importante sapere che tutte le mascherine hanno una scadenza, e una durata d’impiego limitata.

I filtri presenti nelle FFP2 e FFP3 dopo qualche ora perdono la loro efficacia, e la mascherina dev’essere buttata. E’ necessario fare attenzione alla sigla “NR” (Non Riutilizzabile, utilizzo per un solo turno di lavoro), e alle istruzioni accluse, che specificano chiaramente “Non alterare, modificare, pulire o riparare questo dispositivo”

Le semplici mascherine chirurgiche monouso, poi, quando diventano troppo umide (anche qui parliamo di poche ore) perdono la loro efficacia e devono essere buttate.

Chi lava e/o “sanifica” queste ultime in diversi modi per riutilizzarle forzosamente, per motivi di costo, irreperibilità etc. lo fa a proprio rischio e pericolo.

Ci sono poi diverse fabbriche tessili, e sarte individuali, che si sono messe a produrre (visto che sul mercato ne erano disponibili poche) mascherine in vari tipi di tessuto, in genere cotone a maglia molto fitta. A quanto sembra, queste mascherine sono sterilizzabili e riutilizzabili.

E quelle fatte con la carta da forno (o altri materiali) funzionano?

Prima di tutto, dobbiamo intenderci: vogliamo proteggerci dal contagio oppure vogliamo evitare di contagiare gli altri?

Per proteggerci efficacemente la strada sarebbe una sola: usare le FFP3, indossare una visiera, guanti, calzari, tuta etc. Come si può intuire, è una condizione riservata unicamente agli operatori sanitari in ambienti circoscritti.

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Una mascherina fatta di carta da forno ha due problemi: 1) non filtra l’aria e 2) essendo materiale poco flessibile, non aderisce bene al viso, e l’aria può tranquillamente entrare dai bordi. Per questo motivo, l’efficacia, difensiva e preventiva, è molto opinabile.

Una mascherina chirurgica, invece, sia monouso che in tessuto riutilizzabile, aderisce meglio al volto e consente di dare un minimo di protezione nei confronti degli altri (se siamo noi a essere contagiosi, anche in caso di banali raffreddori). L’ideale sarebbe che anche gli altri, allo stesso tempo, le indossassero.

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Riassumendo: a una persona in buona salute non servono mascherine (come ribadito a inizio articolo dall’OMS) per andare a fare una passeggiata col cane o a fare la spesa. Soprattutto un cittadino comune (compresi i lavoratori dei supermercati o gli addetti alla vendita in generale) non deve utilizzare quelle con valvola, perché possono diffondere il contagio.

Se proprio si vuole, è consigliabile (come abbiamo già detto) usare le mascherine senza valvola, o quelle chirurgiche monouso o ancora quelle riutilizzabili fatte di vari tessuti che trattengono per qualche tempo l’umidità, non rilasciandola.

Per concludere: oltre alle mascherine, i punti fondamentali sono quelli che ci hanno ripetuto già migliaia di volte le autorità, e cioè: lavarsi spesso le mani (se per strada, anche con i gel in boccetta), non toccarsi la faccia, rispettare le distanze di sicurezza (almeno un metro, distanza rispettata ormai in qualsiasi esercizio pubblico) ed evitare di stringere le mani o comunque avere contatti fisici con gli altri.