5 DOMANDE- RISPONDE LO STORICO

Ermanno Arcuri - La Tratta degli schiavi: inizio e fine.

Eugenio Maria Gallo - La Tratta degli schiavi è un processo di deportazione di persone e di intere comunità che, con buona pace di quanti identificano l'evento fra due ben definiti momenti della nostra storia, ha origini remote, e che, a mio giudizio, non si è ancora concluso. Il fenomeno, infatti, ritengo che, in modo e con aspetti diversi, sarà in atto fino a quando ci sarà qualcuno che, eludendo le vie legittime e regolarizzate dalle leggi per la chiamata di lavoratori stranieri, vi ricorrerà per avere manodopera da utilizzare a basso costo. Ma, per restare nei limiti della visione "classica" e ormai accreditata, mi limiterò a muovermi, nella mia risposta, fra due punti fondamentali, che racchiudono il fenomeno fra il XVI e il XIX secolo. La Tratta nasce quando i colonizzatori europei avviano uno sfruttamento intensivo e su ampia scala delle terre e delle miniere del Nuovo Mondo. Ciò risale ai primi decenni del '500. L'alto tasso di mortalità degli indigeni americani, per via d'uno sfruttamento così pesante, e per le malattie portate dagli europei, fa partire un commercio di schiavi che caratterizza la cosiddetta Tratta Atlantica, detta così perché esistono anche una Tratta Araba e una Tratta Orientale. Comincia così quello che è conosciuto anche come commercio triangolare: le navi partono dai porti europei cariche di merci e raggiungono l'Africa, dove con le merci acquistano "schiavi" africani. Col nuovo carico, le navi si dirigono nelle Americhe, dove lasciano gli schiavi e caricano materie prime da portare nei propri Paesi, in Europa. Con la Tratta, milioni di Africani vengono deportati   nel Nuovo Mondo. Moltissimi fra loro, da due a quattro milioni, muiono per la Tratta. Il processo di deportazione finisce, ufficialmente, a metà del XIX secolo. Gli Inglesi aboliscono per legge la Tratta nel 1807, i Francesi nel 1808, ma solo nella seconda metà del XIX secolo il fenomeno, con le riserve di cui ho detto prima, può ritenersi concluso. La Tratta degli schiavi è un'altra pagina orrenda e buia della nostra storia.

Ermanno Arcuri -  Regno Unito imperialista: perché questa potenza è riuscita a tanto?

Eugenio Maria Gallo - L'United Kingdom (il Regno Unito) è, forse, il Paese che più di tutti, in quegli anni, si sa organizzare per realizzare, attraverso le proprie colonie, un impero molto vasto che interessa, per un bel pò di tempo, un'ampia parte del globo. Le basi di questo imperialismo sono tante e, senza dubbio, trovano la propria ragione fondamentale nella politica estera, nella politica commerciale e nella flotta che ne fa una grande potenza anche sui mari. E' questo che rende l'UK una potenza capace di avviare e di attuare una vasta politica imperiale. Quando, nella seconda metà del XVI secolo, alcuni Paesi europei (fra questi anche Olanda e Francia) si avviano a creare nuovi ed importanti insediamenti in America, Africa e Asia, il Regno Unito è già pronto a giocare la propria partita di espansione coloniale da protagonista. E' bene ricordare che, in merito, sul finire del XVI secolo e all'inizio del XVII, giocano un ruolo non secondario, facendo da apripista, le cosiddette Compagnie privilegiate. La Compagnia britannica delle Indie Orientali, fondata nel 1600, costituisce una base importante per la politica coloniale del Regno Unito. Subito dopo, altre due Compagnie Commerciali avviano un processo di stanziamenti sulla costa nord amaricana. E sempre delle basi commerciali consentono, a dire il vero anche se con maggior fatica, a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, di occupare l'India ed altri territori asiatici. Successivamente si concretizzano anche l'occupazione e la colonizzazione di territori in Africa ( seconda metà XVIII- XIX sec.) e la colonizzazione dell'Australia (seconda metà XVIII- XIX sec.). La ragione fondamentale dell'imperialismo del Regno Unito va, senz'altro, trovata anche nella solidità d'un Regno, che forse riesce a risolvere, prima di altri, i propri problemi interni e si garantisce una flotta, che gli consente di acquisire il dominio dei mari. E ciò, sul piano coloniale, garantisce al Regno di avere una marcia in più rispetto agli altri. Certo il processo di colonizzazione, soprattutto in America, non è ben visto dagli altri, soprattutto dalla Francia, ma l'UK riesce, tuttavia, ad avere la meglio. E al centro di tutto c'è sempre il prestigio e la forza che il Regno ha sui mari. Se non si è padroni dei mari non si può reggere una politica coloniale di ampia portata. In merito la storia ha tanto da raccontare e da insegnare.

 

Ermanno Arcuri - La differenza tra i grandi che volevano conquistare il mondo: Giulio Cesare, Carlo Magno, Napoleone, Hitler.

Eugenio Maria Gallo  - Non è mai facile trovare delle differenze fra grandi condottieri e grandi Statisti, si faccia eccezione per Hitler che, a mio giudizio, non è né l'uno né l'altro. Quest'ultimo, infatti, non ha qualità tali da poter essere messo in confronto con personalità di spessore quali Giulio Cesare, Carlo Magno e Napoleone Bonaparte. Persino la sua ascesa nasce da situazioni fortuite, create dai trattati di "pace" (fra virgolette perché con quelle condizioni non si costruiscono basi solide per una vera pace) firmati alla fine della Grande Guerra. Sono trattati che, pesando eccessivamente sulla Germania, finiscono col generare un forte desiderio di riscatto e di rivincita in un popolo che si vede fortemente punito. La forza economica del Paese gli consente, dopo essere giunto al potere, di organizzare una macchina bellica moderna e forte che lo fa impelagare in una guerra che sarà, poi, la sua fine. Hitler è un uomo piccolo, rispetto agli altri tre, e tale rimane, nonostante la conquista del potere, appoggiato dalla forza degli industriali tedeschi, ed i successi della prima fase della Seconda Guerra Mondiale. Uomo di altra levatura e di eccelse qualità, è invece Giulio Cesare. Uomo colto, esperto di arte militare, conoscitore della politica e grande stratega, Cesare è uno dei grandi protagonisti della vita e della storia di Roma. Dopo anni di successi e di conquiste, che danno a Roma sempre più forza e gloria nel mondo, è proclamato Dittatore a vita. Ormai all'apice del proprio potere personale, viene assassinato, per volere di una congiura di palazzo di matrice repubblicana, ordita da Cassio e Bruto, alle idi di marzo del 44. E' un uomo di spessore superiore, che lascia al proprio Paese (Roma) inalterati il potere ed il prestigio. Diversa, anche se di grande spessore, è la figura di Carlo Magno, l'Imperatore del Sacro Romano Impero. E' una persona molto attenta e molto attiva; è aperto alle esigenze dei Paesi dell'Impero e sollecita fra l'altro la costruzione di città, favorisce il sorgere di migliori vie di comunicazione e fa coniare una moneta unica, cosa veramente singolare al tempo, per i territori dell'Impero, che è quanto dire l'Europa Unita d'allora. Di grande levatura anche Napoleone Bonaparte, l'uomo nuovo, che appare sulla scena europea, negli anni della Francia rivoluzionaria. E' uno dei maggiori protagonisti, se non il maggiore, della storia di fine Settecento e d'inizio Ottocento. Non sarebbe errato ritenere che con lui si chiuda un'epoca e se ne apra una nuova. Indiscutibili sono le sue qualità e le sue capacità, che gli consentono di scalare il potere e di diventare l'uomo che ambisce al dominio dell'Europa. Certo interpreta il potere come espressione di rapporti di forza militare ed essenzialmente come atto strettamente personale, tanto da dare vita ad una nuova forma di monarchia- imperialistica. E' difficile trovare delle differenze di fondo fra questi quattro "attori" della Storia, salvo quelle caratteriali. Essi, in fondo, sono figli e protagonisti di epoche fondamentalmente diverse. Mi piace piuttosto dire, soprattutto per quanti parlano, in merito a Carlo Magno, di una prima idea di Europa Unita, che sia all'uno che agli altri, di certo non sta a cuore l'unione dei popoli, bensì il dominio sui popoli e sui Paesi europei. Due aspetti, tuttavia, caratterizzano queste quattro personalità: il potere assoluto e la logica d'un governo personale.

Ermanno Arcuri - Chi ha fatto più danni alla conquista del nuovo mondo, Inglesi, Francesi, Spagnoli o Portoghesi?

Eugenio Maria Gallo  - E' inutile dire che tutti hanno la responsabilità dei gravi danni apportati ai Paesi occupati, colonizzati e sfruttati. Essi, infatti, sono i predatori del Nuovo Mondo. Pensano ad arricchirsi e ad arricchire i propri Paesi, sfruttando al massimo le terre dei nativi. E nel corso di quegli anni, fanno incetta delle grandi ricchezze dei Paesi del Nuovo Mondo. Su tutti, però, ritengo che i più sanguinari e predatori siano i Conquistadores spagnoli. Costoro non risparmiano nulla, seminano sangue e morte nelle terre conquistate e ne distruggono religione e civiltà. Le antiche grandi civiltà degli Incas, dei Maya e degli Aztechi vengono annientate dai Conquistadores e dalle loro crudeltà. Si narra che uno dei nativi del luogo, davanti a quella violenza, cito a memoria, avesse esclamato: "Se muoiono gli Dei, anche gli uomini possono morire".

Ermanno Arcuri - Il ruolo dell'Olanda nel periodo del mercato di scambio.

Eugenio Maria Gallo  - A prescindere dai dati specifici della domanda, a me preme dire che negli anni della Tratta, l'Olanda è un Paese in crescita e, nell'Europa d'allora, addirittura si propone come una rivale molto "tosta", sui mari, anche per l'Inghilterra. Alla pari del Regno Unito, essa presenta una società moderna. Paese tollerante, dal punto di vista religioso, l'Olanda si avvia a prendere il posto di Spagna e Portogallo sul piano dei commerci. Nel XVII secolo i traffici relativi alla Tratta degli schiavi, la vedono in prima fila, insieme con l'Inghilterra. Le navi dei "negrieri" partono, infatti, da Amsterdam e dall'Inghilterra per l'Africa, con un carico di merci da scambiare con schiavi, giovani braccia da lavoro, da deportare nelle Americhe. Ciò la pone al centro di quel commercio triangolare, che le garantisce grosse opportunità di arricchimento. Grazie, poi, alla Compagnia delle Indie Orientali Olandesi, fondata nel 1602 (in seguito sarà creata anche la Compagnia delle Indie Occidentali), comincia a navigare verso le Indie Orientali. E, col forte contributo d'un abile e attento mercantilismo, entra da padrona nei mercati europei, impadronendosi dei commerci. Un'intuizione geniale ed importantissima è la creazione, ad Amsterdam, d'una Banca che le consentirà di assumersi la responsabilità dei cambi e di garantire la propria moneta, il fiorino, contro ogni tipo di speculazione e di aggiotaggio. Il commercio, tuttavia, insieme con l'agricoltura, è la via privilegiata del suo sviluppo economico e della sua ricchezza. Le sue flotte viaggiano su tutti i mari e per tutte le rotte e le garantiscono il dominio dei traffici e dei commerci con le Indie Orientali  Orientali. E’ questa, per l’Olanda e per gli Olandesi, l’epoca che viene definita il “secolo d’oro”.