1865 - UN NUOVO QUARTIERE DI COSENZA E I PROBLEMI CONNESSI All’epoca gli italiani erano già belli e fatti

“Appena si dà vita ad un’opera c’è già chi fa progetti, per specularvi su e trarre i massimi vantaggio economici”. Quante volte lo abbiamo sentito dire? Purtroppo è vero. Abbiamo, addirittura, letto di suoli che avevano destinazione agricola, che, improvvisamente, per prodigio divino (gli uomini, nel nostro bel Paese, sono “santi”, sicché non si capisce se il paradiso sia in terra o in cielo, almeno per quelli in questione) la cambiano e su quei terreni, acquistati a tenue prezzo, si crea un impero.

Questo modo di fare è vecchio, solo che, ai tempi nostri, è stato perfezionato e, per così dire “ingentilito”.

Nel 1865 si ventilava la costruzione della ferrovia in Cosenza. Non si conosceva con precisione dove sarebbe sorta la stazione. Un cronista dell’epoca scrive: “Compiuta la stazione ferroviaria, ed anche solo cominciata, qualunque possa esserne la precisa sede, crediamo che non mancheranno coloro i quali vorranno, nelle adiacenze di quella, erigere nuovi fabbricati”.

Si ventilava, infatti, “un progetto di sobborgo (…) da costruirsi nel piano inclinato che dalla Riforma scende alla consolare”.

Le condizioni di quei terreni risentivano dei miasmi del Crati, ma la speculazione non guarda queste cose e il “sobborgo” sarebbe sorto comunque.

“Sia nel fine di diretta speculazione, sia in quella di preparare edifizi per fondaci di deposito ed altri usi del commercio, si vorrà, presto o tardi, tra profitto di una postura, che, in mediocre condizione di salubrità, si presenta assai comoda per lo invio ed il ricevimento di merci, senza la grave noia dell’erta traversa della consolare entro la città; per costo relativamente minore di alloggi, che forse a molti possono convenire anche perché più in alto collocati; per impianto di negozi ed officine, con tutti i vantaggi, che, una savia previdenza, può, su terreno vergine, porgere al costrutto”.

Vicino alla stazione ferroviaria, cioè vi sarebbe stata una fioritura di costruzioni. Questo, ipoteticamente, si sarebbe potuto realizzare in modo disordinato. Il cronista, che, come precisa, mette sulla carta le idee di quelli che sono competenti nel campo, propone la redazione di un progetto di massima “cui fossero subordinati cotesti edifizi erigendi, prima che uno solo pur se ne incominci, e tutti li legasse con vincoli di bene ordinato, e ben ponderato regime edilizio”. Si voleva, così evitare quel disordine edilizio che caratterizza, ai giorni nostri, tanti nuovi quartieri sorti, abusivamente. E, poiché la storia si ripete in tanti dei nostri paesi, tutto questo si è perpetrato fino a tempi a noi non lontani.

“Non vi è da illudersi. – precisava il cronista – Due, dieci, cento privati, vorranno costruire; ma se nulla li leghi, faranno tutti, secondo il loro piccolo o grosso cervello, edifizi difformi tra loro, impiantati senza legge ed unità di concetto, e taluno forse sconveniente nella forma e nella sostanza, allo scopo cui lo si destini”.

Le argomentazioni, come si vede, sono quelle che hanno preceduto quel sorgere dei nuovi quartieri cui si accennava. La continuazione non è da meno.

“Vi sarà con ciò un danno per gli stessi costruttori; un danno pel pubblico, che troverà gli adattamenti non quali stabiliti dal giudizio generale, ma quali piacquero a chi fece le spese, un danno infine per la città, che potrebbe veder sorgere un subborgo, privo di vie anguste e storte, e di case sconce e deformi, una riproduzione in somma di quelle condizioni di disordine, assai poco gradevoli, che sono peculiari a tutte le città vecchie, nelle quali non entrò mai arditamente il piccone ed il martello”.

Come detto non si conosceva il posto esatto dove sarebbe stata costruita la stazione ferroviaria e quello dove sarebbe dovuto sorgere il “sobborgo”. Si proponeva, però, di lasciare fra i due “una lunghezza di qualche centinaio di metri che si potrebbe adattare bellamente a viali e passeggi, si potrebbe pure, nella distribuzione delle vie e piazze, aver cura a parare i venti del Vallo, e favorire invece le correnti del Busento e della Sila; studiare la più conveniente esposizione che si possa avere pel maggior numero di case; scegliere i punti che possono preferirsi per un caffè, uno o più alberghi, una Chiesa, un mercato, una Scuola - e per tutto ciò che avesse tratto all’uso diretto del pubblico”.

La proposta aveva una sua coda che era, ossia la proposta di una commissione urbanistica ante litteram: “Se al progetto si aggiungesse un Consiglio Edilizio, con incarico di invigilare a che le costruzioni fossero, e nella distribuzione interna, e al di fuori latamente conformi a’ precetti dell’igiene e del buon gusto, si potrebbe dire di avere assicurata, pel sobborgo, la possibile perfezione”.

Tutto avrebbe richiesto ingenti spese, a ragionare con la mentalità odierna, perché un progetto redatto oggi e realizzato dopo lungo tempo vede i costi lievitare in modo sproporzionato. “La cosa - precisava a riguardo il cronista di 140 anni fa - non richiede né gran tempo, né spese di rilievo: con un po’ di buona volontà, in alcuni mesi si potrebbe avere la sanzione di un Decreto reale, nonché un piano di sobborgo - e tutto sarebbe fatto”.

Abbiamo voluto scriverne per evidenziare aspetti e problemi di quasi due secoli fa che suonano attuali per tanti versi. Se si fosse avuto presente tutto questo forse le caotiche costruzioni abusive sarebbero sorte diversamente. Allora mancavano le leggi ora vi sono e, quando non erano state ancora varate avrebbe dovuto supplire il buon senso. Ma, questo, sembra, non abbia luogo nella nostra Patria!

Giuseppe Abbruzzo